Fisica

La furia di Huracàn

Ogni tanto vi capita di sognare ad occhi aperti di essere su una spiaggia caraibica all’ombra delle palme mentre sorseggiate una bevanda rinfrescante da una noce di cocco?
Fossi in voi io studierei attentamente il periodo giusto per la partenza prima di fantasticare.

Alla fine dell’estate scorsa infatti tra la Giamaica, Cuba e Haiti imperversò l’uragano Matthew, un potente ciclone di categoria 5 con venti che raggiunsero i 220 km orari. Piogge torrenziali tra 250 e 380 mm inondarono la zona, con picchi fino a 630 mm in Giamaica e nella punta sud-occidentale di Haiti, mietendo 900 vittime.

La natura è tanto affascinante quanto spaventosa.

Ma cosa è un uragano e qual è la sua causa scatenante?

La parola “uragano” deriva dal nome del dio della tempesta delle civiltà precolombiane, Huracàn, la principale divinità del Popol Vuh, dove è descritto come spirito creatore e origine della vita. Il dio era crudele: adirato per l’indolenza e la stupidità degli uomini di legno, li annientò con un’inondazione e torturò i pochi sopravvissuti senza pietà. Quanto violento era Huracàn, tanto lo è un uragano. Tutti infatti ricordiamo ancora per esempio il disastro dell’uragano Katrina del 2005 e purtroppo Matthew non è stato da meno.

Un uragano, detto anche ciclone o tifone a seconda della regione in cui si sviluppa, è un grande sistema di nuvole, vento e attività temporalesca in rotazione su sé stesso. Affinché si generi, sono necessari cinque fattori:

  1. La temperatura del mare deve essere superiore a 26,5 °C a partire da una profondità di 50 m. Per questo motivo l’attività dei cicloni generalmente ha un picco a fine estate.
  2. La temperatura dell'atmosfera deve diminuire rapidamente con la quota e la troposfera (lo strato dove avviene la maggior parte dei fenomeni di carattere meteorologico) deve essere piuttosto umida.
  3. Si deve presentare una perturbazione meteorologica preesistente.
  4. La distanza dall'Equatore deve essere di circa 10° in termini di latitudine, in modo che l'effetto della forza di Coriolis sia sufficiente per innescare la rotazione del ciclone. Le regioni più afflitte dagli uragani infatti sono il mare dei Caraibi, il golfo del Messico, Cina, Giappone, le Filippine, Taiwan, il Golfo del Bengala, il Mare Arabico, Indonesia e Australia.
  5. Non devono verificarsi cambiamenti repentini di velocità o direzione del vento con la quota, che potrebbero spezzare la struttura verticale del ciclone tropicale.

La forza di Coriolis è una forza apparente, come quella per cui quando sei sulla metro e questa si sta fermando, devi assolutamente aggrapparti a un palo per evitare di finire tra le braccia di un malcapitato. Si tratta perciò di una forza che non deriva da alcuna interazione fisica diretta, ma trae origine unicamente dal moto dell'osservatore rispetto al sistema di riferimento inerziale, nel nostro caso la Terra.

Sappiamo che la Terra ruota attorno al proprio ass
e da ovest verso est, ma che non tutti i suoi punti ruotano alla stessa velocità. Infatti non essendo la Terra perfettamente sferica, ma geoidale (cioè schiacciata ai poli), l’Equatore si sposta più rapidamente rispetto ai Poli. Distinguiamo quindi due casi.

Immaginiamo una mongolfiera che deve spostarsi dall’Equatore verso il Polo Nord. Se una persona osservasse il viaggio della mongolfiera in una posizione svincolata dal moto di rotazione terrestre, la vedrebbe viaggiare in moto rettilineo. Se invece la osservasse proprio dalla Terra, essendo in un sistema di riferimento solidale con essa (cioè ruotando anch’egli alla stessa velocità), sembrerà che la mongolfiera stia percorrendo una traiettoria curvilinea, come se su questa stesse agendo una forza trasversale. Ciò è dovuto proprio al fatto che all’Equatore la mongolfiera si sta spostando con una velocità maggiore rispetto che al Polo e quindi lo raggiunge in anticipo rispetto al previsto, spostandosi verso est.

Proviamo ora a descrivere l’origine di un uragano.

Il principio è molto simile. Il calore liberato dall’evaporazione dell’acqua marina per effetto del Sole si condensa a quote elevate fino a formare nubi temporalesche, determinando così un calo di pressione. La conseguente crescita dell'intensità dei venti favorisce a sua volta l’evaporazione e la condensazione stessa, con un meccanismo che si autoamplifica finché esiste la fonte di energia che lo alimenta, l'acqua calda. La forza di Coriolis e il sollevamento verticale di aria calda quindi generano un vortice che acquista presto velocità e si tramuta in un uragano. La forza di Coriolis infatti, come rende curvilinea la traiettoria della mongolfiera, imprime un moto rotatorio ai venti. Al centro del vortice si trova il cosiddetto occhio del ciclone, una zona di calma che può raggiungere anche i 65 km di diametro, ma che non è altro che la sorgente di una furia spietata. Il ciclone poi si sposta verso alte latitudini, fino a esaurirsi più o meno lentamente trasformandosi in un comune e blando ciclone extratropicale.

Ecco spiegata l’origine di un uragano, tanto affascinante a parole, quanto temibile nei fatti.

L’uragano è l’esempio perfetto di ciò che un filosofo definirebbe “sublime”.

Per Burke un uragano, come un mare burrascoso o un’eruzione vulcanica, è uno spettacolo in cui il protagonista è “l'orrendo che affascina”: l'uomo prova un senso di smarrimento e di frustrazione e al contempo ammira la magnificenza della natura.

Per Kant il sublime è un’espressione della potenza annientatrice della natura, di fronte alla quale l'uomo prende coscienza dei propri limiti.

Per Schiller e i romantici il sublime porta l’uomo in un abisso vertiginoso in cui il brivido è sia terrore che adrenalina.

Il sublime si contrappone al bello, un sentimento pacifico e benevolo, che dona serenità e calma. Entrambi sono indispensabili per forgiare la sensibilità dell’uomo.

Ricordiamoci sempre quindi che l’uomo non è altro che un neo di fronte alla grandezza della natura, e come disse Kahlil Gibran :

Se accetto il sole,

il caldo, l'arcobaleno,

devo accettare anche

il tuono, il fulmine

e la tempesta.

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