Fisica

Buongiornissimo kaffèeé?? – La fisica della Moka

Il ventunesimo secolo è stato ahimé afflitto da una grossissima piaga.

Da ormai qualche anno, la categoria di persone la cui età termina con il suffisso -anta,  hanno brutalmente iniziato ad approcciarsi al mondo dei social network.
Sin dal principio di questa inarrestabile invasione, sulle nostre bacheche è sempre presente uno (per i più fortunati) o più  post che inneggiano a fantastici buongiornissimoKaffè virtuali.

 

 Non resterebbe che piangere, ma la forza della scienza ci permette di tirare avanti e di scorgere il buono di tutto ciò.
Al fine di combattere questo pressapochismo virtuale, oggi parliamo della Fisica della Moka, in modo che che tu possa distruggere  ogni cinquantenne dal veloce dito mattutino!
Come?
Sbattendogli la scienza in faccia e postando  alla velocità dell'allùce questo articolo  sotto  ogni loro buongiornissimo!

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L’idea di costruire una caffettiera, ideata nel 1933 da  Luigi De Ponti e prodotta a livello industriale da Alfonso Bialetti,  è stata ispirata da una caldaia utilizzata per lavare i panni: la lisciveuse.

Prima di iniziare guarda cosa accade all’interno di una moka: ((Video realizzato da P.S.I (Paul Scherrer Institut) con riproduzione con velocità paro a 4x ))

(Abbiamo già pubblicato questo video nella palestra e se ne facessi parte probabilmente lo avresti già visto. Puoi recuperare qui correndo sul tapis roulant ad iscriverti, così hai già fatto il riscaldamento).

Non riesco davvero a resistere, prima di andare avanti, vorrei quindi parlarti di come è stato ottenuto questo video. La Moka è composta prevalentemente di alluminio, perché economico, altamente conduttivo ed un sacco di altre cose bellissime.

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Forse si potrebbe utilizzare della luce, o ancora meglio una zona dello spettro elettromagnetico che possegga delle onde sufficientemente energetiche da penetrare il più possibile la materia. I raggi X magari: permettono di fare le radiografie, di osservare benissimo le ossa attraversando il tessuto muscolare. Perché non dovrebbero andare bene anche per le macchinette del caffè?

Diamine.
NO! NO! NO! La vita non funziona così!

I raggi X, interagiscono fortemente con  gli elettroni atomici! Al crescere del peso dell’atomo cresce anche il suo numero di elettroni e quindi la luminosità che si ottiene “fotografando”.  Le ossa risultano la parte più luminosa in una radiografia perché ricche di calcio, elemento che contiene ben 40 elettroni.

Se però ci pensi un po' su, ti abbiamo già spiegato più e più volte di come la materia presenti anche natura ondulatoria. Potrebbe quindi essere più opportuno fare una "radiografia" utilizzando  qualcosa che non interagisca cosi intensamente con gli atomi pesanti, per esempio dei neutroni.
I neutroni, avendo carica elettrica nulla, non risentiranno degli elettroni presenti nella materia e riusciranno a penetrare profondamente nella stessa.
Certo, avere un flusso di particelle tanto energetiche da avere una lunghezza d’onda paragonabile a quella dei raggi X non è facile; Consideriamo inoltre che, quando non legate, decadono trasformandosi in protoni in circa 15 minuti.
I neutroni a differenza dei fotoni interagiscono fortemente solo con alcuni atomi, come ad esempio l’idrogeno: ecco perché nel video l’acqua risulta più scura. (( Se vuoi approfondire il discorso del  neutronic imaging segui il LINK ))

Torniamo a noi.
Il primo articolo scientificamente corretto sull'argomento moka è stato partorito solo nel 2007 da Concetto Gianino ((LINK)), professore di Scilcli ( sì, lo stesso posto del concorso fotografico che quest’agosto ha messo la nostra pazienza a dura prova e ha fatto apparire a confronto i buongiornissimo tollerabili); noi seguiremo scientificamente le sue orme.

Il sistema caffettiera, nella sua forma più semplice, può essere considerato unicamente composto da tre elementi: la caldaia, il filtro e la parte terminale detta bricco o raccoglitore.

Per prima cosa sarà nostra premura indagare come l’acqua, a partire dalla caldaia, riesca a risalire dopo aver attraversato il filtro fino al raccoglitore.
Ti sei ma chiesto come avviene?

Se fossi piuttosto ignorante, potresti di dire che ciò dipende dall’acqua che, a causa dell’aumento di temperatura, subisce una dilatazione termica che tende a farla risalire lungo i vari canali.
Se fossi un po’ meno stupidotto, però, ti saresti chiesto se l'acqua possa effettivamente espandersi tanto da permettere il fenomeno quando soggetta a tale incremento.

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La dilatazione volumetrica è linearmente proporzionale alla variazione della temperatura.

Nella formulazione, V1 indica il volume alla temperatura iniziale della sostanza , k è un coefficiente di natura sperimentale che per l’acqua è pari a 0.21 × 10-3 .
Buttiamo giù qualche conto.

In media, una caffettiera per due espressi contiene un volume circa pari a 200 ml, cioè 0,2 l.
Nella migliore delle ipotesi la variazione massima di temperatura può essere  di 100 gradi, per cui l’aumento di volume è pari a 4,2 ml.

Una tazzina di caffè è circa 40 ml.
No, non è dunque l’espansione dell’acqua a far ascendere il caffè.

Piccolo sforzo mentale, dobbiamo trascurare l’acqua. Cos'altro può esserci?

L'aria.

Come probabilmente ti hanno insegnato sin da quando eri in fasce, riempendo la caldaia della Moka è necessario arrestarsi al di sotto della valvola di sicurezza, lasciando così prima del filtro  uno strato d’aria non indifferente.

Non c’è trucco non c’è inganno: la pressione di vapore sarà la responsabile della risalita del caffè.

Ne abbiamo già parlato qui: quando un sistema raggiunge l'equilibrio termodinamico, la pressione che esercita il vapore sulla fase condensata è la pressione di vapore; possiamo parlare in questo caso di vapore saturo.

Al crescere  della temperatura del sistema si ha un aumento della pressione di vapore acqueo che, agendo sull’acqua sottostante, la spingerà facendo arrivare il caffè, ormai infuso, fino al bricco.

L’andamento della pressione di vapor acqueo con la temperatura è data dalla seguente formula e dal seguente grafico:

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grafico

Sull’asse delle ascisse è riportata la temperatura, mentre su quello delle ordinate la pressione.
Come puoi vedere,  un minimo aumento della temperatura porta ad un’incremento incredibile della pressione.

Possiamo quindi concludere che l’estrazione del caffè sia dovuta effettivamente alla forza esercitata dal vapore!

Il vapore dovrà contrastare, oltre alla pressione atmosferica quella dovuta al filtro colmo di polvere di caffè al suo interno; quest’ultima è calcolabile per mezzo della legge di filtrazione lineare di Darcy:

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Mentre k, rappresenta un coefficiente legato alla filtrazione, S, h e t  rappresentano rispettivamente la superficie trasversale, l’altezza del filtro e il tempo di filtrazone, tutti gli altri parametri sono relativi all’acqua.
Qualche anima gentile e volenterosa ha già svolto i calcoli ottenendo un valore di Pf pari a 3,2 kPa (Per confronto: circa 100 volte minore della pressione presente in un pallone da calcio.)

Il nostro espresso sarà pronto quando il classico borbottio della macchinetta si farà sentire: in quell’istante il livello dell’acqua sarà al di sotto del filtro, e un ulteriore aumento della temperatura, e quindi della pressione di vapore, non permetterà più alcuna risalita di acqua.

È inoltre possibile calcolare la potenza termica come l’energia necessaria rapportata all’unità di tempo,  considerando non solo il calore da dover fornire all’acqua ma anche quello necessario a riscaldare la Moka.
Utilizzando i calori specifici delle diverse sostanze e le loro masse:

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La Moka per due tazzine richiederà una potenza di circa 80 W.
La potenza del fornello più piccolo della tua cucina è per cui sufficiente.

Sarebbe possibile razionalizzare altri fenomeni e andamenti per il sistema Moka e se sei realmente interessato ti rimando agli articoli nei riferimenti ((LINK)).

Abbiamo scherzato, preso in giro i cinquantenni e te Billy, ma ora arriviamo al vero scopo dell’articolo: Fornire a tutti  una conoscenza preziosa affinché possano bere un ottimo caffè.
Vade retro stupratori di bevande sacre!
Il caffè è sì sacro a (quasi) ogni italiano, ma è tanto più prezioso e divino per uno studente in sessione d’esami!
Ecco quindi un serie di consigli per ottimizzare l’esperienza dell’espresso. ((LINK))

Quale acqua utilizzare?

L'acqua non deve avere troppi sali disciolti: non deve lasciare residui nella caffettiera per non alterare il sapore del caffè e renderlo amaro.
I valori suggeriti degli ioni disciolti sono: calcio < 60 mg/l, bicarbonato < 200 mg/l, magnesio < 15 mg/l.

Quale caffè?

Questa è una scelta piuttosto personale, ma ricorda: esistono due tipologie di piantagioni.
La prima detta Arabica, ha un sapore meno amaro, leggermente più ricco di aromi e contiene meno caffeina.
La seconda invece è denominata Robusta.

Quanto caffè?

Sono necessari circa 15 grammi di caffè macinato.
Bisogna riempire il filtro sino all'orlo senza creare una montagnetta e senza pressare la polvere: Ciò farebbe aumentare il tempo di risalita del caffè alterandone il sapore.

E la fiamma ?

La fiamma deve essere mantenuta bassa, per far risalire lentamente il caffè lungo la colonna del bricco, evitando così la successione di una fase di estrazione vulcanica a quella di tipo regolare.
La fase vulcanica avviene quando il livello d’acqua nella caldaia scende al di sotto del beccuccio del filtro: si ha una  riduzione immediata di pressione che porta all’ebollizione la restante acqua. Quest’ultima, uscendo sfiatando dalla caffettiera, spruzza come fosse un vulcano. La fase vulcanica deve essere evitata perché a temperature troppo elevate l’acqua estrae alcune sostanze presenti nel caffè  ma non solubili a temperature basse, ottenendo un caffè più amaro e dal sapore di bruciato.

Buongiornissimo, kaffè?

Edamus, bibamus, gaudeamus

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