Esplorando il corpo umano

Circuiti elettrici salvavita: i pacemaker

Ciao Billy! Ti sono mancati i miei articoli? Ma sì, te lo si legge in faccia! Beh, tieniti forte… l’argomento di oggi è a prova di infarto, e non sto mica esagerando sai! Oggi parliamo di “pacemaker”: come funzionano? Perché sono così importanti per l’uomo? Procediamo!

Cos’è un pacemaker?

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Un pacemaker è un circuito RC: un particolare tipo di circuito in cui sono collegati una resistenza (R) e un condensatore (C).

Ma allora perché definirlo RC e non limitarsi a dire “circuito elettrico”? Un complotto per confondere le nostre già caotiche idee? Questo non lo escluderei caro Billy, ma il motivo principale è che, rispetto a semplici circuiti a corrente continua in cui sono presenti o delle resistenze o dei condensatori, in questo caso la corrente è variabile nel tempo. Quindi sia il processo di carica che quello di scarica, non sono istantanei: per processo di carica/scarica si intendono due tipi di operazioni per cui grazie al passaggio di corrente le armature del condensatore si caricano (o scaricano).

 Ritornando a noi, in termini spiccioli: il pacemaker sfrutta l’esistenza di un tempo “caratteristico” per mandare al cuore impulsi elettrici ad intervalli ben precisi, regolarizzando così il battito cardiaco.

Billy, come dici? “Da oggi un pacemaker per tutti?” Ma no mio caro, noi lo abbiamo già il nostro!

“Pacemaker” letteralmente si traduce come “segnapasso” ed in ambito medico il termine si utilizza per definire il “segnapasso” fisiologico del cuore.

Come ti dicevo, ognuno di noi ha un proprio pacemaker naturale: una specie di mezzaluna lunga 15mm e larga circa 5 mm, chiamata nodo senoatriale, che detta i tempi di contrazione del cuore con una frequenza di circa 1Hz (circa 70-80 battiti al minuto).

Allora che si fa con quest’aggeggio? Da oggi aboliamo i pacemaker!

E invece no!

Il corpo umano, pur essendo una macchina tanto complessa quanto meravigliosa, talvolta presenta qualche difettuccio in termini di funzionalità. Se il nostro pacemaker naturale lavora con una frequenza irregolare o inferiore ai battiti minimi al minuto, la contrazione cardiaca non è sufficiente per garantire il normale afflusso sanguigno nel corpo: è in questi casi che diventa fondamentale l’aiuto di uno stimolatore cardiaco esterno.

Gli impulsi elettrici prodotti dal pacemaker artificiale raggiungono il muscolo cardiaco attraverso due elettrodi, ovvero due fili ricoperti di plastica flessibile (elettricamente isolati). Il pacemaker, racchiuso in un astuccio di titanio biocompatibile, contiene una batteria, una resistenza R e un condensatore C collegati in serie.

Come anticipavo, la velocità con cui si susseguono le fasi di carica/scarica dipende dal valore del tempo “caratteristico” RC: dunque è fondamentale il valore da assegnare a questa costante!

Ti faccio un esempio pratico per capire: una costante di tempo RC=0,8s permette di raggiungere una stimolazione alla frequenza di 1/(0,8s)=1,25 Hz, inviando così al cuore un segnale pari a 75 impulsi al minuto.

La maggior parte dei pacemaker moderni sono a ritmo variabile, ovvero sono in grado di ascoltare il nostro cuore: entrano in funzione automaticamente quando la frequenza cardiaca scende sotto un certo livello, mentre rimangono silenti e vigili quando il sistema naturale elettrico del cuore lavora correttamente… questo ha un enorme vantaggio, perché permette di risparmiare l’energia contenuta nella batteria dello stimolatore, allungandone la durata!

Ancora una volta la scienza si dimostra fondamentale per l’uomo… finirà mai di stupirci?

E con la stessa soddisfazione di un matematico che ha dimostrato il più insidioso dei teoremi, non mi resta che scrivere: C.V.D.

Alla prossima Billy!

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