Dal Web

Il gioco vale la trivella?

LO SENTI? NE PERCEPISCI LA PRESENZA?

Mi riferisco al 17 aprile, che ormai è alle porte. Non deludere le mie aspettative e lasciami credere che tu conosca l’importanza di questo giorno.

Caspita Billy, il 17 da bravo cittadino con in una mano la scheda elettorale e nell’altra la carta d’identità ti recherai nel seggio a te assegnato (qualora tu sia maggiorenne) e qualunque sia la tua ideologia, razza o religione voterai per il referendum sulle trivelle.

Non farmi venire un’apoplessia cerebrale e assicurami che eserciterai il tuo diritto di voto. Il referendum rappresenta la massima espressione decisionale del popolo. Sfruttiamolo quando ne abbiamo l’occasione! D’altronde come diceva il vecchio buon Cicerone nel De Repubblica:

Est igitur res publica res populi

E non venirmi a dire che sei fuorisede e non hai la possibilità di votare perché non è così: iovotofuorisede.it (Billy corri! Chiama mamma e fatti spedire la tessera elettorale)

Perché nasce l’idea di quest’articolo? E’ da più di un mese che la disinformazione dilaga all’interno delle pagine social, in cui tramite informazioni parziali e a volte del tutto errate un qualsiasi “anti-Billy” (colui che parla senza essersi documentato, a differenza tua) cerca di portare gente al proprio mulino convincendola di ciò che afferma.

Per questo motivo tenterò di svolgere un’analisi il più imparziale possibile così che tu possa assumere una posizione riguardo questa tematica. Così da andare a votare al pieno della tua coscienza e conoscenza...

Quando il 17 aprile sarai a pochi passi dal seggio elettorale (si, ripeterò che devi andare a votare fino allo stremo delle tue forze) ecco che ti tornerà in mente il testo del referendum:

Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale?

Ma proseguiamo con ordine.

Nel 2010 avvene  l’esplosione (20 aprile) con conseguente affondamento (25 aprile) della petroliera Deepwater Horizon a 50 miglia dalla costa, circa 80 km.

L’incidente rappresentò il piu grande disatro ecologico mai conosciuto, a causa della difficoltà di interrompere il riversamento di petrolio nell’acqua marina che durò 86 giorni.

Qualche mese dopo venne emanato il decreto Prestigiacomo che recita:

 

Ai fini di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, all'interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale (…) sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché' di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare (…). Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia marine dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette.

 ((Decreto Prestigicomo))

Successivamente per mezzo di un altro decreto ministeriale “Misure urgenti per la crescita del Paese” si ottenne, un’estensione delle limitazioni a tutto il litorale costiero (inizialmente erano unicamente 8 zone marittime considerate) con una riduzione del 44 % delle aree marine aperte alle attività minerarie. Stabilendo inoltre che ogni nuova richiesta di coltivazione di idrocarburi debba essere sottoposta alla valutazione di impatto ambientale.

Tutte le richieste pervenute prima della data dell’emanazione del decreto del 2010 furono esentate dal divieto di estrazione entro le 12 miglia marine (circa 19 km). Tra le più importanti possono annoverarsi quelle che riguardano principalmente la zona marina che bagna la costiera calabrese, lucana e pugliese: una a 12 miglia nell’ “Alto Ionio Cosentino” e l’altra a 8 miglia marine dalla spiaggia di Trebisacce.

Ma non è ancora finita, d’altronde l’Italia è, come recita la scritta incisa sul Palazzo della Civiltà Italiana a Roma:

Un popolo di poeti di artisti di eroi
di santi di pensatori di scienziati
di navigatori di trasmigratori

Aggiungerei “di politici legiferatori” (e menomale…). Nel 2016 un emendamento alla legge di Stabilità ha confermato il divieto per tutte le nuove concessioni entro le 12 miglia marine, mantenendo però i titoli già rilasciati in modo tale che la loro attività possa continuare “fino a vita utile del giacimento”.

Prima di questa modifica le varie concessioni, sempre entro le 12 miglia, avevano una durata trentennale che poteva essere prorogata per 10 o 5 anni di volta in volta. Inoltre lo stesso emendamento modificava  i diritti decisionali affidati alle regioni per le questioni di trivellazioni nelle zone di propria competenza.

Per questa ragione lo scorso settembre 10 Regioni (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto), il doppio del quorum richiesto, hanno depositato in Cassazione sei quesiti referendari su alcune norme riguardanti la ricerca e l’estrazione di petrolio in Italia.
Di questi solo l’unico citato all’inizio dell’articolo è sopravvissuto.

Nel momento in cui vincesse il SI tutte le aziende, che operano entro le 12 miglia, potrebbero continuare ad estrarre fino al termine dell’ultima concessione ottenuta. Viceversa nel caso di vincita del NO l’estrazione potrebbe continuare fino all’esaurimento del giacimento.

In Italia come in tutte le altre zone del mondo la tecnica utile per investigare la presenza di idrocarburi è l’air gun: un flusso di aria compressa viene “pompato” al di sotto dei fondali marini; le bolle generate implodendo genereranno onde acustiche che propagandosi all’interno del terreno verranno riflesse in base alla densità del mezzo di propagazione stesso. Misurando le onde riflesse si possono fare delle stime, più o meno precise, sulla presenza o meno di idrocarburi. La tecnica è intrisa di controversie, infatti l’ISPRA nel rapporto Valutazione e mitigazione dell’impatto acustico dovuto alle prospezioni geofisiche nei mari italiani ((LINK)) ha elencato i potenziali effetti negativi che la tecnica potrebbe provocare sulla fauna marina.

Per quanto riguarda, invece,  i giacimenti italiani di idrocarburi, questi ricalcano quelle che sono le zone con una storia geologica particolare. Quelli più importanti si trovano nell’Alto Adriatico e nella Pianura Padana, a Pescara, nell’Adriatico meridionale, nell’Appennino meridionale, ed in alcune zone della Puglia.  Importanti sono anche  i giacimenti dell’off-shore calabro e della Sicilia centrale . (Come è possibile verificare dalle “cartografie dei Titoli minerari ed impianti”) ((cartografie dei Titoli minerari ed impianti: LINK))

Billy non t’illudere, l’Italia è piena di ricchezze, ma le risorse minerarie non rappresentano una di queste. infatti come ha affermato Luca Pardi, presidente di Aspo Italia (Associazione per lo Studio del Picco del Petrolio):

Dire che l’Italia è ricca di idrocarburi è come dire che il nostro è il paese degli elefanti perché ce ne sono due allo zoo di Pistoia e altri tre o quattro sparsi per i circhi.

E’ lo stesso Pardi ad affermare che se si considerassero unicamente le risorse certe, cioè i giacimenti in cui si ha il 90% di possibilità di estrarre le risorse minerarie, tenendo in conto i consumi italiani attuali, le nostre riserve andrebbero in fumo in pochi mesi. Ciò porta a concludere che l’Italia non sarà mai autosufficiente dal punto di vista minerario considerando i consumi attuali. Circa un terzo dell’energia che utilizzi, per ricaricare ad esempio il dispositivo mobile da cui stai leggendo l’articolo, è prodotta per mezzo di combustione di combustibile gassoso fossile.

Secondo ulteriori stime((LINK)) il suolo italiano potrebbe ospitare una quantità pari a 700 milioni di tonnellate (circa 8 volte in più rispetto alle risorse attualmente certe). Il petrolio estratto sul suolo nazionale, però,  rappresenta un carburante fossile di non elevata qualità a causa di un alto tasso di zolfo che incrementa la difficoltà e di conseguenza i costi dei processi di raffinazione.

Nel nostro mare attualmente, entro le 12 miglia, sono presenti 92 concessioni, di cui solo 48 realmente produttive ((LINK)), su un totale di 295 siti utilizzati per la ricerca o la coltivazione di idrocarburi ((LINK)).

Tutte le piattaforme soggette al referendum producono secondo diverse fonti tra il 20% e il 27% del totale del gas e il 9% del greggio estratti in Italia (circa 543.000 tonnellate di petrolio) ((LINK)) ((LINK))

Considerando  i dati riportati dal MISE nel documento  “LA SITUAZIONE ENERGETICA NAZIONALE NEL 2014” ((LINK)) , la produzione di idrocarburi in Italia soddisfa unicamente il 10% del consumo totale nazionale e le piattaforme di estrazione soggette al referendum ne ricoprono  meno del 1% per quanto riguarda il petrolio e poco più del 2% per quanto riguarda il gas.

Dopo questa carrellata parziale ed assolutamente incompleta sulla situazione petrolifera italiana addentriamoci più nel merito del referendum: ecco alcune domande che possono aiutarti a capire al meglio ciò che andrai a votare:

Cosa votare il 17 aprile?

Bè Billy ti ho già detto che non avrei espresso il mio pensiero, per cui questa deve essere una tua scelta.

Potrai essere tra coloro del comitato “Vota sì per fermare le trivelle” crocettando la casella del SI. Così facendo NON eliminerai le trivelle dai mari italiani, nè bloccherai nuove trivellazioni (quest'ultima cosa è già stata fatta entro le 12 miglia), ma sicuramente esprimerai il tuo forte desiderio per un futuro in cui l’energia dipenda maggiormente dalle fonti rinnovabili. Credi che il gioco non valga la trivella a causa dei rischi che l’estrazione comporta o che potrebbe comportare: danni causati dall’air gun, eventuali incidenti, subsidenza del fondale ecc.  Sei inoltre consapevole, che una volta terminate le concessioni il quantitativo di combustibile prodotto dalle trivelle soggette al referendum dovrà necessariamente essere sostituito dall’importazione, con tutte le problematiche che comporta: costi, condizioni di trasporto…

Nel momento in cui voterai NO farai parte dell’altra sponda dell’ideologia insieme con "ottimisti e razionali", che ultimamente inviano a non andare a votare (Billy non farti trascinare… ricorda: res publica res populi), sarai tra coloro che credono che non sarà sicuramente il blocco di soli 48 punti di estrazione a far ottenere migliorare la situazione climatica ed ambientale (sindrome N.i.m.b.y.). In questo modo esprimerai anche la consapevolezza che secondo te le estrazioni rappresentano almeno in parte il metodo sicuro e non eccessivamente dannoso per ricoprire una fetta non troppo trascurabile del consumo energetico italiano.

Qual è l'impatto in mare?

Oltre all’eventualità d’incidenti, le operazioni di routine  provocano un inquinamento di fondo: in mare aperto la densità media del catrame depositato sui nostri fondali raggiunge una densità di 38 milligrammi per metro quadrato.
Inoltre due terzi delle piattaforme ha sedimenti con un inquinamento oltre i limiti fissati dalle norme comunitarie per almeno una sostanza pericolosa.
D’altro canto però l'estrazione di gas che riguarda la maggior parte delle trivelle soggette al referendum è sicura, essendo presente un controllo costante dell'ISPRA, dell'Istituto Nazionale di geofisica, di quello di geologia e di quello di oceanografia. Inoltre le piattaforme sono aree di ripopolamento ittico.

Si corre di mettere a rischio il turismo sulle coste italiane?

Sicuramente bisogna tener conto della possibilità di incidenti, che  ad oggi non  sono pervenuti nel Mediterraneo.

Bisogna considerare che i litorali interessati dall’estrazione non hanno ancora registrato picchi in negativo in questo ambito dell’economia, per lo meno a causa delle trivllazioni.

Se vince il sì?

Non sarà messa a rischio l’autosufficienza energetica italiana perché le quantità di gas e petrolio estratte entro le 12 miglia non sono così significative da comportare scenari da crisi energetica per il nostro paese.

Non ci sarà inoltre una chiusura immediata delle piattaforme, bisognerà attendere le scadenze delle concessioni: una fra due anni, altre cinque fra 5 anni, tutte le altre tra 10-20 anni. Per cui non si corre il rischio di perdita di lavoro, nell’immediato, per un numero ragionevole di persone.

Si favorirà il trasporto di idrocarburi. Specificatamente per le petroliere, bisognerà tener conto dell’inquinamento causato dal versamento del petrolio dalle stesse (anche se le quantità trasportate per sopperire alle quantità dei pozzi entro le dodici miglia sarebbero irrisorie). Dal 1977 al 2010 sono state sversate nel Mediterraneo circa 312.000 tonnellate di petrolio. Nello stesso intervallo di tempo nei mari italiani si sono verificati 545 incidenti non considerando 75 incidenti in cui la quantità di petrolio sversata rimane sconosciuta.((LINK))

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Perché andare a votare?

Billy se non sei interessato ad esercitare il tuo diritto di voto (ed in questo caso saresti solamente uno stupido cretino) recati al seggio per evitare che i 360 milioni di euro investiti vadano in fumo.

Anche se l’analisi è incompleta hai abbastanza materiale per farti un’idea e abbastanza riferimenti per andare ad approfondire. Billy buon referendum!

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(La volontà popolare è il fondamento dell 'autorità del governo)

*Aggiornamento: secondo diverse fonti ((http://stradeonline.it/innovazione-e-mercato/1910-fermeremo-le-trivelle-ma-anche-no-la-versione-di-emiliano-per-il-dopo-referendum)) ((https://www.youtube.com/watch?v=en32a-y97ng&feature=youtu.be)), anche la vincita del SI non permetterà la chiusura delle trivelle dopo la fine delle concessioni, ma rimarrà a discrezione delle diverse regioni. Queste però sono informazioni da giurista e la mia conoscenza è limitata in materia lascio ad ognuno il compito di documentarsi.

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