Vi presento Anassimandro
Rerum fores aperuisse,
Anaximander Milesius
traditur primus.
Si tramanda che fu Anassimandro di Mileto,
che per primo aprì le porte della natura.
PLINIO, Naturalis Historia, II, 31
Già duemila anni fa Plinio sembra aver compreso il ruolo storico-culturale di un grande pensatore e filosofo dell’antica Grecia: Anassimandro.
Oggigiorno, quando si parla di rivoluzione scientifico-culturale, ci si riferisce sempre più spesso a Galileo, a Copernico e ai padri fondatori della meccanica quantistica. Tutto corretto.
Ma… perché tutti si scordano di Anassimandro?
In “Che cos’è la scienza – La rivoluzione di Anassimandro”, Carlo Rovelli, fisico teorico e ideatore della teoria della gravità quantistica a loop, cerca di recuperare la figura del filosofo greco che, nel corso dei secoli, è stato sicuramente un po’ sottovalutato e bistrattato. Il risultato è semplicemente meraviglioso. Il saggio diventa il perfetto scenario per un felice connubio tra fisica e filosofia. Uno scritto capace di sorprendere e di mescolare concetti appartenenti a due sfere culturali solo apparentemente distinte: la scienza e la filosofia. Rovelli riesce a catturare l’attenzione del lettore con un linguaggio semplice, ma sempre accattivante, costringendolo così a un’avida lettura, grazie alla quale è possibile crescere. Non parlo di una crescita fisica o nozionistica, ma di una crescita culturale. Si acquisisce una maggiore consapevolezza di quanto la filosofia e il pensiero dell’uomo siano stati - e siano tuttora fondamentali - nella vita di uno scienziato e di come, senza di essi, non sia possibile vivere a pieno un’esperienza culturalmente elevata.
Eccoci ad Anassimandro. Il pensatore greco nasce nel VI secolo a.C. a Mileto, una città fiorente e uno dei principali porti commerciali del mondo greco (forse il più importante in assoluto). La popolosa città dell’Asia minore controlla un piccolo, ma significativo, impero marittimo, formato da numerose decine di colonie, distribuite principalmente sulle coste del Mar Nero. Anassimandro nasce in un complesso contesto storico, al centro di un processo politico, che, per certi versi, sembra ricordare quello ateniese o, addirittura, quello della celebre storia di Roma: il re, cacciato da un’aristocrazia messa in difficoltà da una ricca fazione di commercianti, che giocano anche un importante ruolo di mediazione fra l’aristocrazia e il mondo artigiano-contadino. In questo periodo storico-politico si registrano dunque lunghe lotte politiche dominate dal conflitto tra partito dei ricchi (πλουτος) e un partito dei lavoratori (χειρομαχα). In questo complesso intreccio, il filosofo scrive un’importante opera (Περι φυσεως), di cui ci resta solamente un frammento, citato da Simplicio. Ha inizio la grande rivoluzione scientifico-culturale di Anassimandro.
Prima di riportare le controverse parole di questo frammento, però, è necessario cercare di fare chiarezza sulle ragioni storico-culturali che hanno impedito ad Anassimandro di affermarsi come vero e proprio “rivoluzionario” del pensiero dell’uomo. Secondo Rovelli, infatti, vi sono diverse motivazioni alla radice di questa pesante sottovalutazione.
Nell’antichità la visione naturalistica di Anassimandro non viene totalmente accolta dagli ambienti intellettuali: la sua proposta scientifico-metodologica non aveva ancora dato i fruttuosi risultati che, dopo numerose rivoluzioni culturali, ha ottenuto in epoca più moderna.
Alla base della sottovalutazione “moderna” del pensiero di Anassimandro, invece, risiede la radicata convinzione (peraltro errata) che via sia una netta distinzione tra il sapere scientifico e quello storico-letterario. Nei miei precedenti articoli ho cercato di combattere questa assurda convinzione che si perpetua nel tempo e che minaccia violentemente la possibilità di conciliare in un’unica pagina culturale scienza e filosofia. La maggioranza degli storici e dei filosofi “moderni” sono miopi: il loro studio si limita, infatti, alla grandezza del pensiero filosofico di Anassimandro, non valutando a fondo la portata (scientifica) di alcuni di questi contributi. A tal proposito, mi sovvengono le parole del professor Parisi che, in una recente intervista, mi ha detto che “in generale la filosofia è importante nella vita di tutti. I fisici fanno spesso filosofia senza saperlo. La distinzione tra filosofi e scienziati è recente”. Appunto. Ho la sensazione che troppo spesso oggi, negli ambienti educativi - siano essi scolastici o accademici - si dia importanza troppa alla scienza o alla filosofia, ma mai alla possibile cooperazione tra i due ambiti del sapere, in realtà in grado di fondersi in un’armonia che rasenta la perfezione.
Un’altra importante ragione della sottovalutazione risiede in una sottile, ma purtroppo comune, incomprensione di alcuni aspetti centrali del pensiero scientifico. Questa ragione implica una bieca ignoranza del significato del termine scienza. Significa ignorare il processo storico-culturale con cui Galileo, Newton e Copernico hanno rivoluzionato il pensiero dell’uomo, dando vita alla scienza moderna. Sempre più spesso si sentono domande del tipo: “Che cosa è il sapere scientifico, che può essere allo stesso tempo estremamente efficace e sbagliato?”. Lo sviluppo del pensiero scientifico, caratterizzato da continue correzioni, incapaci però di dare certezze assolute, è costantemente sotto processo. In modo assurdo e ignorante. Il pensiero scientifico è una lenta elaborazione, che passa per successive rivoluzioni e la vera forza della scienza risiede nella capacità di sovvertire e fare evolvere la nostra visione del mondo. Senza questo concetto, non si può fare scienza. A nulla serve la convinzione positivista ottocentesca di essere giunti a una conoscenza “definitiva”. Questo ha portato a una progressiva svalutazione del pensiero scientifico e razionale, diffondendo così un pericoloso antiscientismo. Un antiscientismo continuamente alimentato dalla delusione e dalla paura che la scienza non possa fornire una visione definitiva della realtà e del mondo. Della serie “meglio false certezze che incertezze…”. Questo assurdo processo implica una totale ignoranza. La realtà è ben diversa: la mancanza di certezze costituisce, e ha sempre costituito, il segreto più nobile e bello del pensiero razionale, inteso come pensiero della curiosità, della rivoluzione e del saper cambiare la propria concezione della natura. Rovelli scrive giustamente che “Le risposte della scienza naturale non sono credibili perché sono definitive: sono credibili perché sono le migliori di cui disponiamo oggi, a un dato momento della storia reale del nostro sapere. È proprio perché sappiamo non considerarle definitive che continuano a migliorare”. Alla luce di queste considerazioni, studiare Einstein non significa cancellare totalmente la meccanica classica di Galileo e Newton così come studiare Keplero e Copernico non implica condannare la fisica di Aristotele e Anassimandro. Parlare di Anassimandro significa saper riflettere sulle rivoluzioni scientifiche condotte nel 1500 e nel 1900. Significa saper dare il giusto peso ai momenti storici in cui vi è stato un radicale (e fondamentale!) cambiamento nel pensiero dell’uomo. “L’umanità conosce da tempo una via verso la conoscenza che sa tenersi lontana dalle certezze di chi pretende di essere il depositario della verità ultima; senza per questo cadere nell’impossibilità di riconoscere chi ha ragione e chi ha torto tra due punti di vista diversi, come vorrebbe parte del pensiero contemporaneo.”
Tornando ora al frammento di Anassimandro, il filosofo scrive che:
ἐξ ὧν δὲ ἡ γένεσίς ἐστι τοῖς οὖσι, καὶ τὴν φθορὰν εἰς ταῦτα γίνεσθαι κατὰ τὸ χρεὼν διδόναι γὰρ αὐτὰ δίκην καὶ τίσιν ἀλλήλοις τῆς ἀδικίας κατὰ τὴν τοῦ χρόνου τάξιν
“Tutte le cose hanno origine l’una dall’altra e periscono l’una nell’altra, secondo la necessità. Esse risiedono l’un l’altra giustizia, e si ricompensano per l’ingiustizia, in conformità con l’ordine del tempo”.
Queste parole sono molto affascinanti, ma, al tempo stesso controverse e inquietanti. È indubbiamente molto difficile dare un’interpretazione a questo frammento e, soprattutto, è un’ardua impresa cercare di inserirle in un contesto più ampio, nel quale riassumere la visione filosofico-scientifica di Anassimandro. Il lavoro di ricostruzione del pensiero del filosofo è un intrigante puzzle che, grazie a importanti e innovative tecniche sperimentali (come la lettura ai raggi X) sembra portare ad interessanti risultati. Senza entrare nel merito della ricostruzione del pensiero di Anassimandro, oggi gli storici attribuiscono al pensatore di Mileto le seguenti idee:
- I fenomeni meteorologici hanno cause naturali. L’acqua, per esempio, subisce un ciclo di evaporazione e successiva ricaduta sulla terra (Sì, il “ciclo dell’acqua”, che si studia alle elementari, è stato introdotto da Anassimandro). Anassimandro, inoltre dà spiegazioni “naturali” ai lampi, ai tuoni e ai terremoti.
- La Terra è un corpo di dimensione finita che galleggia nello spazio. Anassimandro non parla di elefanti o tartarughe rovesciate, immagini molto comune nelle culture antiche.
- Sole, stelle e Luna ruotano attorno alla Terra, compiendo orbite circolari.
- Tutte le cose sono nate da un principio infinito – l’apeiron (ἄπειρον)– che è spazialmente illimitato e qualitativamente indefinito o indistinto. Anassimandro crede che quindi che l’apeiron sia una mescolanza di tutti gli elementi, che sono poi definiti in seguito ad un movimento (una conflagrazione) che ha portato dall’unità primordiale ad una separazione. In particolare, il mondo è nato quando caldo e freddo si sono separati.
- Il trasformarsi delle cose le une nelle altre, è determinato dalla necessità. Anassimandro crede nella teoria dei cicli cosmici: una visione circolare, secondo cui tutto nasce, tutto finisce e tutto torna ad essere. Tutto l’universo è caratterizzato da infiniti cicli cosmici (eterno ritorno delle cose).
- Tutti gli animali provengono dall’umidità originaria che copriva la Terra in passato. A seguito di un processo di naturale adattamento, la vita si è poi spostata sulla terraferma (ormai “asciutta”). Secondo il filosofo di Mileto, gli uomini derivano da altri animali, dalla forma di pesci.
- Anassimandro compila la prima cartina geografica (successivamente sviluppata da Cateo, la cui carta è alla base della antiche cartine geografiche)
- Alcuni studiosi attribuiscono a Anassimandro l’introduzione del termine “gnomone” (il bastone che, piantato verticalmente, permette di ricavare l’altezza del Sole sull’orizzonte, per mezzo della misura della lunghezza dell’ombra. Sempre ad Anassimandro è attribuita la prima misura dell’inclinazione dell’eclittica (questo corrobora l’ipotesi della sua introduzione dello gnomone).
Rimando l’analisi dell’importanza storica, culturale e scientifica di questi otto punti a prossimi articoli. Per ora è sufficiente riflettere sulla grandezza di questo pensatore, spesso dimenticato. Da una prima e semplice lettura, infatti, si può già ripensare alla veridicità della frase di Plinio, che ho riportato all’inizio: “[…] Anassimandro aprì le porte della natura”. Una seconda lettura, però, ci permette di puntualizzare che al pensiero di Anassimandro mancano, almeno due aspetti di quella che oggi noi chiamiamo scienza: in primo luogo, infatti, è del tutto assente l’idea di poter descrivere in modo sistematico un modello matematico che tenga conto di tutti questi concetti (quest’idea comparirà nella generazione successiva, con la scuola di Pitagora). Inoltre, manca totalmente l’idea di “esperimento”, nel senso di situazione fisica artificiale, atta al verificare di quanto ipotizzato (concetto alla base del metodo scientifico galileiano). Nonostante queste deficienze, però, è evidente che Anassimandro abbia portato idee rivoluzionarie (siamo nel VI secolo a.C.!!), introducendo così novità concettuali, sicuramente molto rilevanti nello sviluppo successivo del pensiero dell’uomo.
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