Dubbi esistenziali

Camaleonte camaleonticamente camaleontico

((Fonte della copertina qui.)) Abominio della natura e scherzo dell’evoluzione. Colui che le leggi darwiniane, oltre che sbeffeggiarle, decide di ignorarle e seguire un proprio processo evolutivo.

I suoi occhi ruotano a 360° coperti quasi interamente dalle palpebre. La lingua, incredibilmente lunga, termina con una pallina di muscolo. Le terminazioni degli arti posteriori hanno due dita principali, ciascuna delle quali presenta due o tre artigli; quelle anteriori due artigli sul dito esterno e tre su quello interno. Pelle squamosa. Per finire con un tripudio di squallore e bruttezza due corni ossei ed una cresta laterale sormontano la testa.

Billy non sto parlando della fisionomia dell’ingegnere medio! Non sto descrivendo nemmeno te o uno dei sette nani dell’articolo precedente.

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Il protagonista di oggi è il camaleonte! Un rettile come tanti. Un animale a sangue freddo capace di riscaldare i cuori, ma soprattutto capace di cambiare colore. Per cui è figo, tutti lo amano, tanto da diventare un famoso testimonial per una nota marca in tv.

La peculiarità dell’animale è appunto la capacità di cambiare colore. Per molti anni si è creduto che questo stratagemma fosse conferito ai camaleonti dalla signora Evoluzione per potersi mimetizzare all’interno della foresta.  Ma al camaleonte, orgoglioso e testardo, poco importa ciò che dicono gli zoologi e decide di cambiare colore per esprimere dell’emozioni (è un po’ come la storia del bombo). Colori più accesi tendenti al rosso per indicare aggressività, mentre colori più scuri e senza troppe variazioni cromatiche stanno a indicare paura e terrore.

Ma perché proprio il camaleonte? Le persone di scienza non hanno tempo per le relazioni interpersonali, perché dovrebbero avercelo da dedicare agli animali?

Il camaleonte però è speciale e contiene un tale quantitativo di fisica al suo interno da spiegare anche la nascita di questo articolo. D’altronde se da secoli è sulla bocca di tutti deve effettivamente possedere caratteristiche alquanto strabilianti: per molto tempo si è persino creduto che fosse l’animale capace di cibarsi di aria e già Aristotele ne parlava nel suo Historia Animalium, descrivendolo come "colui dall’animo pauroso".

Ma noi siamo qua per altro: come fa la piccola bestia (parlo sempre del camaleonte e non di te Billy) a cambiare così il suo colore?

In generale, nel grande mondo animale, variazioni del colore della pelle sono dovute alla presenza di cellule altamente specializzate dette cromatofori, che quando eccitate permettono l’espansione dei pigmenti lungo ramificazioni citoscheletriche, che non sono altro che filamenti proteici.

Esistono tre principali cromatofori:

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  • Melanofori: contengono melanina e posseggono un colore tendente al marrone o al nero
  • Eritrofori: hanno una composizione ricca di carotenoidi, ciò conferisce loro la colorazione rossa, arancio.
  • Xantofori: la sostanza predominante è la xantina, caratterizzata dal colore giallo.

Billy, ora ti richiedo uno sforzo mnemonico. Ripercorrendo la tua infanzia arriva a quando nella scuola materna iniziava la fantastica lezione sui colori.

La storia sempre uguale: esistono tre colori primari e combinati ti forniscono tutta la tavolozza dei colori. A quel punto iniziavi a sperimentare con le tempere, ma quello che usciva al termine era sempre un bruttissimo grigio-nero poiché avevi unito troppi colori.

Ora ti chiedo: hai i tre colori forniti dai cromatofori, combinali e produci il verde. Se non ci riesci, cerca allora di spiegarmi come fa la pelle del camaleonte a possedere questo colore. Infatti da quanto dimostrato, lo strato superficiale (a differenza di molti altri rettili) è del tutto trasparente, per cui il colore deve derivare da ciò che è presente al di sotto.

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Hai tutto il tempo che ti serve, ma non credo arriverai ad una soluzione. Effettivamente, basandosi unicamente sui cromatofori non è possibile dare una spiegazione logica a quello che è il verde dei camaleonti.

A questo punto fai fuoriuscire il fisico che c’è in te Billy e manda cortesemente a quel paese la tua parte da biologo.

Come la parte di fisica del tuo cervello ben sa, la visione del colore dipende dallo spettro elettromagnetico, in maniera particolare dalla parte dello spettro che definiamo luce visibile.

Per non farci mancare nulla è bene ripassare rapidamente cosa sia effettivamente la luce.

La luce non è altro che un’onda elettromagnetica, in cui il campo magnetico e il campo elettrico si muovono nella stessa direzione in piani tra di loro ortogonali. A seconda della frequenza posseduta dall’onda si entrerà in diverse zone dello spettro.

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L’onda elettromagnetica diventa luce visibile quando la sua lunghezza è compresa tra i 700 nanometri e i 400 nanometri.

La visione dei colori è dovuta essenzialmente a un tipo di fenomeno detto diffusione (scattering). Abbiamo già discusso del fenomeno di scattering in sostanze pressoché trasparenti nell'articolo che spiegava perché il cielo fosse blu. In questo articolo per arrivare alla soluzione dell’enigma del color verde della camaleontica pelle, tratteremo essenzialmente la diffusione in altri casi (ad esempio soluzioni colloidali), che può essere spiegata per mezzo dell'effetto Tyndall. L'effetto citato è sempre un fenomeno di diffusione che avviene quando un'onda colpisce particelle della dimensione comparabile a quelle della sua lunghezza d'onda. Billy, essendo tu uomo di scienza, avrai già notato questo fenomeno osservando i fanali delle macchine: nelle giornate in cui è presente del pulviscolo in maggiore quantità rispetto al solito hai la possibilità di osservare per intero la direzionalità di ogni singolo raggio. Questo avviene perchè il pulviscolo diffonde la luce anche in direzioni diverse rispetto a quelle di propagazione della luce, permettendoti di osservare i diversi raggi da angolazioni differenti.

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Puoi notare lo stesso effetto anche osservando la natura, ammirando i raggi che attraversano i rami degli alberi o quelli che trafiggono le nuvole.

E' giusto però partire dagli inizi, per cui passo a ritroso. Quando un fascio di luce colpisce un oggetto, questo andrà incontro ad un fenomeno di riflessione che a seconda dei casi potrà essere di tipo speculare, diffuso, o entrambi.

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Il caso speculare è quello che avviene quando la luce tende ad attraversare un vetro, un metallo o uno specchio; questi rappresentano tutti i casi in cui il raggio viene riflesso con lo stesso angolo con cui il raggio incidente aveva colpito la superficie.

Si parlerà invece di riflessione diffusa quando l’oggetto colpito da luce rifletterà la stessa in più direzioni. Ogni materiale con comportamento ideale, che riesce cioè a diffondere la luce omogeneamente in ogni direzione, viene detto lambertiano. Esempi tipici di questo tipo di riflessione sono la maggior parte degli oggetti opachi, come la carta e in particolar modo oggetti che al loro interno presentano una struttura policristallina.

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Dal punto di vista della fisica classica la presenza di diversi cristalli fa sì che, penetrando nel materiale, il raggio venga in parte riflesso tutte le volte che incontra la superficie di un cristallo, creando così raggi secondari.  Tutti i raggi secondari creati tenderanno a propagarsi nel materiale e a loro volta verranno parzialmente riflessi creando raggi terziari e così via. Questo processo creerà diversi raggi uscenti dal materiale, che nella totalità rappresenteranno la luce diffusa.

La dimensione dei vari cristalli e la distanza tra di loro influenza di molto il cammino medio di ogni singola onda prima che riesca ad uscire del materiale. Ogni differente colore dello spettro presenterà inoltre proprietà di riflessione diverse. Questi diversi effetti fanno sì che solo determinate lunghezze d’onda riescano a fuoriuscire nuovamente dal materiale.

Tutto ciò conferisce il colore ai diversi oggetti.

Il mistero non è però ancora risolto. Se la memoria non mi inganna solo l’unione del blu con il giallo darebbe la possibilità di generare l’enigmatico verde! Il giallo lo abbiamo, quindi cosa genera il blu?

I mattacchioni di Jeremie Teyssier e compagnia ((Link all'articolo originale qui)), hanno effettivamente dimostrato, vivisezionando i poveri camaleonti e squartando il loro cuore a morsi, che esiste un meccanismo generatore del blu. Tranquillo Billy, non è stato in realtà ucciso nessun camaleonte, anzi sono state rispettate tutte le leggi svizzere riguardanti la salvaguardia degli animali.

Lo sai qual è la cosa fantastica di tutto ciò? Anche qui ritornano le nanotecnologie. (Se però ancora non sai cosa sono, questo è l’articolo per te)

Al di sotto del primo strato di pelle contenente i cromatofori, ne esistono ulteriori due in cui è presente una popolazione di cisti dette iridofori.

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Al loro interno queste contengono la guanina, la quale forma delle strutture nanocristalline dalle dimensioni in media di 150 nanometri. Queste strutture sono disposte senza alcuna orientazione all’interno delle cisti.

Il primo livello di iridofori è il principale fautore dei cambiamenti di colore della pelle del camaleonte: avviene infatti, per ragioni ancora sconosciute, che i cristalli tendano ad avvicinarsi senza però cambiare dimensioni. Unendo le conoscenze sull'effetto Tyndall e sulla luce diffusa ciò che ne salta fuori è che la luce diffusa sarà principalmente blu. Il blu riflesso andrà a sovrapporsi al colore giallo degli xantofori conferendo il colore verde al piccolo rettile. Quando invece i cristalli si diradano il colore riflesso sarà principalmente il rosso, aumentando l’intensità di colore degli eritrofori.

Per avere un parallelo nel mondo scientifico, gli iridofori si comportano un po’ come i cristalli fotonici, che hanno capacità di modulare nel tempo le loro modalità di riflessione della luce.

Il secondo strato di iridofori ha dimostrato avere un comportamento ancora più peculiare riflettendo unicamente le radiazioni infrarosse.

Una breve parentesi. Gli infrarossi sono i raggi responsabili del trasporto del calore, hanno una lunghezza d’onda poco superiore a quella del colore rosso ma non sono visibili ad occhio nudo. Questi tipi di raggi Billy sono quelli che quando sei in spiaggia ti fanno sentire caldo, mentre sono i raggi UV che oltre a procurarti un’abbronzatura impeccabile fanno sì che stare sotto il sole ti causi delle ustioni.

Il secondo strato di nanocristalli di guanina permette che il corpo del nostro povero animale non si surriscaldi e non si cuocia se esposto il sole: questi infatti riflettono circa il 45% della totalità di infrarossi che incidono.

Billy, per farti capire come siamo degli inermi ignoranti rispetto alla conoscenza racchiusa nella natura, ti porto un ulteriore esempio su come non sia necessaria la presenza di particolari pigmenti, ma unicamente una struttura peculiare per generare delle fantastiche colorazioni.

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Questa è la farfalla della specie Morpho. La meravigliosa iridescenza delle sue ali è dovuta alla presenza di una struttura in fibrille separate da distanze nanometriche che permettono la diffusione di questo meraviglioso colore.

Naturam expelles furca, tamen usque recurret.

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