I sette nani e le... nanotecnologie!
Ti era stato promesso. E qui Billy, rispettiamo le promesse!
Avevamo già parlato delle nanotecnologie dandone un’introduzione generalistica, senza addentrarci troppo nei dettagli. Ora, che è passato un po’ di tempo, è giusto parlare di quello che se ne fa!
Biancaneve era stata la madrina del primo articolo, i sette nani saranno coloro che ti guideranno nel secondo. Ma prima di incominciare, per amor di verità, devi conoscere la reale storia di Biancaneve.
Infatti, mentre la Disney ha sempre rappresentato una fantastica storia tra il principe e la malcapitata, i fratelli Grimm, che a loro volta avevano scopiazzato di qua e di là da altri autori, raccontano:
…quando i nani tornarono a casa, trovarono Biancaneve distesa a terra, era morta. (…). Fecero fare una bara di cristallo, ve la deposero, vi misero sopra il suo nome, a caratteri d'oro. Un bel giorno un principe capitò nel bosco e vide la bara. Allora disse ai nani: -Lasciatemi la bara; vi darò ciò che vorrete in compenso. (…) Il principe ordinò ai suoi servi di portarla sulle spalle. Avvenne che essi inciamparono in uno sterpo e per l'urto, il pezzo di mela avvelenata che Biancaneve aveva inghiottito le uscì dalla gola. Ella tornò in vita, si mise a sedere e disse: -Ah Dio! dove sono? -. -Sei con me! - rispose il principe pieno di gioia, le raccontò ciò che era avvenuto e aggiunse: -Ti amo al di sopra di ogni altra cosa al mondo; vieni con me nel castello di mio padre, sarai la mia sposa-. Biancaneve acconsentì e andò con lui, e le nozze furono allestite con gran pompa e splendore. Ma alla festa fu invitata la perfida matrigna
La macabra fine in ogni storia dei fratelli Grimm è un “tocco di gioia” che accresce il valore della favola.
Prima di incominciare, un breve ripasso.
Sostanzialmente, il grande interesse che stanno riscuotendo le nanotecnologie, è dovuto al fatto che, essendo la materia confinata in dimensioni (solo) una decina di volte più grande rispetto a quella degli atomi, presenterà caratteristiche totalmente diverse rispetto al caso macroscopico.
Per capire cosa vuol dire essere una nanoparticella, immagina di essere un elettrone, un elettrone-mosca; o meglio iniziamo solo con la mosca. Se tu, Billy-mosca, fossi rinchiuso in una camera grande in media quanto un monolocale universitario, non avresti problemi a scorrazzare felice volando di qua e di là, ma se tu fossi confinato all’interno di una scatola poco più grande di te, il tuo volo sarebbe disturbato da tutte le volte in cui andresti a sbattere contro le pareti. Analogo è il caso per gli elettroni in un’applicazione nanotecnologica. A causa delle dimensioni ridotte sono costretti a sopportare un non indifferente “stress”.
Detto ciò proseguiamo. Ogni “settenano”, da bravo minatore, porterà sulle spalle in questo articolo una delle infinite applicazione delle nanotecnologie! (Al termine di ogni paragrafo saranno presenti riferimenti agli articoli scientifici, in lingua originale, da cui è stato preso il materiale utilizzato. Cosi da dar il giusto merito a coloro che hanno svolto le ricerche, per dare materiale a tutti coloro che vorranno approfondire i vari argomenti; ma soprattutto per non incorrere in reato di plagio e finire in gattabuia cosí giovine. Anche tutte le immagini sono ricavate dagli articoli a cui si sta facendo riferimento).
Cucciolo
E’ il nano silenzioso, colui a cui non è data facoltà di parola. Infatti è muto! Billy, quante volte hai sperato che qualche persona al tuo fianco possedesse la stessa “virtù” di cucciolo?
Devi sapere che quando il rumore ci assale non riusciamo ad ascoltare la nostra anima, e ciò non può che essere un brutto misfatto! Jana Mohrova e Klara Kalinova hanno cercato di risolvere il problema dell’insonorizzazione, con le nanotecnologie! Così che tu possa ritrovare te stesso nel silenzio.
Come si fa Billy?
In generale, tutti i materiali che tendono a svolgere questa funzione, utilizzano il meccanismo di “distruzione” dell’onda sonora per mezzo dell’attrito dell’onda stessa, che va a scontrarsi contro alcune membrane. Questo rivoluzionario studio, invece, utilizza dei sottili layer (strati) di fibre sintetiche (PVA), ottenute per mezzo di elettrospinning. In questo caso, le fibre utilizzando l’assorbimento energetico, trasformano quella che è l’energia dell’onda sotto forma di energia cinetica e di energia termica. Essenzialmente l’onda va ad infrangersi su questa struttura nanometrica trasformando la sua energia in vibrazione ed in calore, ponendo il layer in risonanza (non ricordi cos’è? leggi qui)
L’elettrospinning è una tecnica utilizzata in generale per la produzione di nanomateriali 1D (che hanno un’unica dimensione predominante, mentre le altre due dimensioni sono in scala nanometrica): una differenza di potenziale elettrico viene imposto tra la soluzione contenente le fibre e una superficie collettrice, posta a breve distanza (pochi centimetri). Le fibre caricate positivamente tenderanno ad essere attratte dal piano collettore caricato negativamente, sul quale si depositeranno.
In questo studio, successivamente, i campioni ottenuti sono stati posti al di sotto di una corrente di vapore. La figura sottostante mostra le superfici sottoposte a tempi crescenti di contatto con il vapore acqueo.
A sinistra la membrana al termine dei i processi descritti.
Il trattamento al vapor acqueo è stato utile per incrementare la massa della membrana. Come ben sai la massa influenza il fenomeno di risonanza. Il PVA, essendo solubile, tende ad assorbire parte dell'acqua e creare una superficie a vista piu omogenea. Le superfici così ottenute, però, presenteranno lievi differenze nello spessore; ciò fa sì che ci sia un incremento nello spettro d’assorbimento delle varie onde sonore, aumentando l’efficacia del dispositivo!
Fonte: Jana Mohrova and Klara Kalinova, “Different Structures of PVA Nanofibrous Membrane for Sound Absorption Application,” Journal of Nanomaterials, vol. 2012, Article ID 643043, 4 pages, 2012. doi:10.1155/2012/643043
Dotto
E’ l’unico nano portatore di occhiali! Per mezzo delle lenti riesce a focalizzare la luce (se il funzionamento delle lenti t’incuriosisce clicca qua).
Ma se la luce fosse emessa da nanoparticelle? Di chi è la colpa? Dio, Einstein, Heisenberg, delle capre, o di Sgarbi?
Billy tranquillo, nessuno di loro, è tutta colpa della fotoluminescenza, dovuta in particolare alle nanoparticelle dette “core-shell”.
Una core-shell è una struttura a cipolla a due o più strati, solitamente composta da materiali diversi (ricorda: sempre in scala nanometrica, per cui stiamo parlando essenzialmente di una pallina dentro una pallina di piccole piccole piccole dimensioni).
Prima di continuare, un po’ di spicciola fisica atomistica. La fotoluminescenza è un fenomeno quantistico in cui essenzialmente si ha emissione di luce, cioè di fotoni, poiché un elettrone passa da uno stato eccitato a quello con minore energia possibile. L’energia persa dall’elettrone si manifesta sotto forma di emissione di luce. Nelle core-shell è questo il fenomeno che permette la fotoluminescenza.
In questo particolare caso una core di roquesite, un minerale contenente zolfo, indio e rame, è stato ricoperto da una shell di solfuro di zinco! La specialità principale di questa particella, oltre la fotoluminescenza, è il fattore "green". Entrambe le sostanze di cui è fatta essenzialmente presentano una bassissima tossicità a differenza di altri materiali utilizzati comunemente come il tellurio o il piombo.
Il lato divertente di questa applicazione è che variando la dimensione della core-shell si riescono ad ottenere diverse frequenze emesse, essenzialmente luce di colore diverso, come nell’immagine posta sotto dove sono persino espresse le lunghezze d’onda per ogni frequenza della luce.
Le applicazioni utili per questo tipo di nanoparticella sono davvero infinite. A partire da pannelli solari flessibili, fino alla possibilità di costruire laser o diodi.
Fonte: Min Fu, Weiling Luan, Shan-Tung Tu, and Leslaw Mleczko, “Green Synthesis of CuInS2/ZnS Nanocrystals with High Photoluminescence and Stability,” Journal of Nanomaterials, vol. 2015, Article ID 842365, 9 pages, 2015. doi:10.1155/2015/842365
Eolo
Un nome davvero importante per questo nano, quello di un dio greco: non tanto per il suo corpo scolpito o per doti di particolare bellezza, ma semplicemente perché la sua allergia lo porta a fare starnuti talmente forti da poter spostare oggetti e persone, un po’ come faceva Eolo, dio del vento.
L’applicazione associata a questo terzo nano è la super-idrofobicità. Questa proprietà è assegnata a un materiale quando una goccia poggiata sulla superfice del pezzo considerato tende ad assumere forma sferica senza spalmarsi! Per i più pignoli la superidrofobicità scaturisce quando l’angolo di contatto tra la goccia e il materiale è superiore a 150 gradi. Detto rozzamente, il materiale non si bagna. Ed è per questo che quest’applicazione viene assegnata ad Eolo, la superidrofobicità potrebbe tornare utile per ripararsi dalle goccioline dei sui starnuti.
Un gruppo di studiosi orientali ha voluto creare del legno ibridizzato e funzionalizzato. Essenzialmente un campione di legno è stato ricoperto di nanoparticelle di 50 nm di NiFe2O4. Questo primo strato è stato utile per conferire al legno proprietà magnetiche (trasformandolo in una pseudo calamita) e la capacità di assorbire microonde. Solo quando però il campione è stato rivestito di 1H,1H,2H,2H-perfluorodecyltrimethoxysilane (CF3(CF2)9CH2CH2SiCl3) quest’ultimo ha assunto la proprietà sopra citata. La superidrofobicità scaturisce dal fatto che la molecola di acqua, essendo fortemente polare, si comporterà grosso modo come una calamita ( in realtà le interazioni sono di tipo elettrostatico e non magnetico): a seconda della zona considerata, essa tenderà ad attrarre parti di molecole caricate positivamente o negativamente. Quando l’H2O incontra materiali che non presentano nessun tipo di polarità tenderà a diminuire la superficie di contatto, andando a formare la forma che più le permette di minimizzare la superficie esposta, che è quella di una sfera.
La figura a sinistra mette in evidenza come delle gocce di inchiostro, caffe, tè e latte abbiano effettivamente un angolo di contatto maggiore di 90 gradi!
Tramite ulteriori esperimenti si è verificato come il materiale ottenuto sia inoltre resistente ad ambienti corrosivi e al freddo, ciò fa sperare in future applicazioni quali protezioni per materiali da costruzione per esterni.
Fonte: Qiufang Yao, Chunde Jin, Huanhuan Zheng, Zhongqing Ma, and Qingfeng Sun, “Superhydrophobicity, Microwave Absorbing Property of NiFe2O4/Wood Hybrids under Harsh Conditions,” Journal of Nanomaterials, vol. 2015, Article ID 761286, 8 pages, 2015. doi:10.1155/2015/761286
Gongolo
Gongolo è il nano piu felice di tutti, sicuramente perché appena tornato dalla miniera il cibo, l’alcol e il fumo sono suoi fedeli compagni. Gongolo non sa però, che così facendo, incrementa esponenzialmente il rischio di arteriosclerosi.
L’arteriosclerosi non è altro che un processo di accumulo di lipidi intracellulare che tra le varie complicazioni, porta all’infiammazione cronica di arterie di medio-grosso calibro.
Tutto ciò è dovuto ad accumulo di colesterolo. I macrofagi, per quanto dicono Wikipedia e l’enciclopedia Treccani, svolgono un ruolo importante nel metabolizzarlo. (Se sei un Billy- medico e vuoi aiutarci a sviluppare questa nozione sei il benvenuto: contattaci)
Anche in questo caso le nanoparticelle possono tornare utili. Alcuni macrofagi sono stati esposti ad una concentrazione di 0,025 g/l di nano particelle di argento (20 e 110 nanometri) o di ossido di ferro (Fe3O4) (20 nanometri)! Una concentrazione così bassa ha permesso di non indurre citotossicità e quindi apoptosi (morte) della cellula stessa.
Dopo l’assorbimento da parte dei macrofagi delle nanoparticelle si è effettivamente dimostrato come sia aumentato da parte loro l’assorbimento del colesterolo.
Nella seconda serie di immagini in verde è rappresentato il colesterolo. Nel primo caso sono presenti cellule non trattate mentre nel secondo cellule trattate con nanoparticelle di argento di dimensione di 110 nanometri.
Come tutto ciò possa essere d’aiuto nell’arteriosclerosi, non saprei dirtelo, ma non citare un articolo con cosi belle immagini sarebbe stato un gran peccato!
Fonte: Jonathan H. Shannahan, Hari Sowrirajan, Indushekhar Persaud, Ramakrishna Podila, and Jared M. Brown, “Impact of Silver and Iron Nanoparticle Exposure on Cholesterol Uptake by Macrophages,” Journal of Nanomaterials, vol. 2015, Article ID 127235, 12 pages, 2015. doi:10.1155/2015/127235
Brontolo
Nel lungometraggio Disney, subito dopo il ritrovamento del corpo esanime di Biancaneve è proprio Brontolo a guidare la cattura della strega cattiva.
Analogamente alcune nanoparticelle di nichel e azoto (NINPs) possono essere utilizzate in alcuni dispositivi per incrementare la “cattura” da parte di soluzioni acquose di anidride carbonica (CO2).
Generalmente le 3 reazioni che avvengono sono
Tra tutte la seconda è quella che procede a minore velocità, per cui risulta essere quella che rallenta il processo di idratazione dell’anidride carbonica.
Aggiungendo le nanoparticelle descritte in una soluzione con PH leggermente basico, circa 8, e sottoponendo la stessa ad un flusso non troppo intenso di CO2 l’assorbimento della stessa è aumentato del 77% mentre la formazione di precipitati carbonatici è incrementata di più del 50%. La presenza delle nanoparticelle ha permesso che i precipitati assumessero una forma perfettamente sferica.
Ma non temere Billy, l’assorbimento da parte di soluzioni acquose di anidride carbonica non è l’inizio di un futuro senza alberi. Potrai ancora nasconderti dietro le siepi, da dove far iniziare fughe d’amore.
Fonte: Gaurav Ashok Bhaduri, Mohammed A. H. Alamiry, and Lidija Šiller, “Nickel Nanoparticles for Enhancing Carbon Capture,” Journal of Nanomaterials, vol. 2015, Article ID 581785, 13 pages, 2015. doi:10.1155/2015/581785
Mammolo
Come già detto nel primo articolo, una delle possibili applicazioni delle nanotecnologie, era quella di utilizzarle come sensori, ad esempio di gas, poiché presentano un’alta area superficiale rispetto alla massa totale. Per cui Mammolo in questa specifica applicazione ha letteralmente voluto tuffarsi dentro. Mammolo è il nano più sensibile, come la sensibilità è il primo prerequisito per un sensore di alta precisione.
Mentre con Brontolo si è trattata la CO2, Mammolo invece ha preferito concentrarsi sulla CO più comunemente definita monossido di carbonio.
Il monossido di carbonio è quel fantastico gas inodore ed incolore, per cui irrilevabile da un uomo sprovvisto di mezzi appropriati. Poiché ha la caratteristica di sostruirsi all’ossigeno nella circolazione sanguigna, spesso porta alla morte per intossicazione, in breve tempo, senza che le povere vittime se ne accorgano.
Forse la strega cattiva avrebbe preferito morire così!
Per queste ragioni, una strumentazione che possa ben rilevare la presenza di monossido diventa importante quando in ambienti chiusi vengono rilasciati gas di combustioni parzialmente incomplete (caldaie, caminetti, stufe).
Per questa applicazione dobbiamo fare però un salto in avanti introducendo le nanotecnologie 2D. Esse rappresentano “oggetti” sviluppati in due direzioni mentre la terza è sempre in scala nanometrica. Come un foglio di carta in cui lo spessore diventa dell’ordine dei nanometri!
Al posto della carta in questo particolare caso è stato utilizzato il grafene! Tutti lo chiedono, tutti lo vogliono, ma pochi sanno cosa effettivamente sia.
Come mostra l’immagine, il grafene è generalmente una disposizione ordinata e planare di atomi di carbonio, in cui tutto il piano è riempito da esagoni, in cui in ogni vertice è posto un atomo.
Questo particolare piano possiede così tante peculiari caratteristiche che è uno tra le nanotecnologie 2D più studiate al mondo.
In questo studio però si è preferito utilizzare un grafene un po’ più malandato poiché, la presenza dei difetti si è dimostrata essere utile per la formazione di legami tra il monossido e gli atomi di carbonio del grafene, incrementando di molto la sensibilità di questo materiale alla CO.
Essenzialmente avviene che nel caso di una disposizione ordinata la piccola molecola del monossido di carbonio tenda a formare dei legami di tipo elettrostatico transitorio.
Nel caso del grafene malandato avviene che, essendo il piano non più perfettamente planare, la molecola riesce ad interagire in più punti incrementando la sua energia di legame e favorendo i tempi in cui il monossido di carbonio rimane legato al grafene.
Ora si che la nonna potrà appisolarsi davanti la stufa senza temere una brutta fine.
Fonte: Yingda Jiang, Sha Yang, Shuang Li, Wei Liu, and Yonghao Zhao, “Highly Sensitive CO Gas Sensor from Defective Graphene: Role of van der Waals Interactions,” Journal of Nanomaterials, vol. 2015, Article ID 504103, 7 pages, 2015. doi:10.1155/2015/504103
Pisolo
Le ultime ricerche in merito hanno calcolato che le morti dovute a problemi tumorali occupano addirittura il terzo posto nella classifica di tutte le possibili cause che possano portare a decesso. Un sempre più predominante ramo di ricerca si sta per cui concentrando a possibili metodi di cura.
Alcuni scienziati stanno sviluppando metodologie sempre più all’avanguardia per utilizzare la citotossicità delle nanoparticelle per causare apoptosi nelle cellule tumorali! Proprio come pisolo, che passa la sua vita dormendo, le nanoparticelle svolgeranno il ruolo di condurre al sonno, in questo caso eterno, cellule tumorali leucemiche.
La magnificenza di questo particolare studio è che la sintetizzazione di nanoparticelle di oro è avvenuta in un composto derivato totalmente da alghe di mare di color marrone (Sargassum muticum), eliminando tutte le problematiche legate all’utilizzo di solventi ipoteticamente tossici. La presenza di alcuni composti fitochimici ha permesso che, durante la nucleazione delle nanoparticelle, esse venissero ricoperte da alcune sostanze come la fucoxanthin, che è risultata essere molto utile per non far aggregare le particelle.
Inoltre queste sostanze adsorbite mascherano la tossicità delle nanoparticelle. Ciò permette di immaginare future applicazioni in cui un breve transito di queste particelle nel flusso ematico non comporterebbe morte di tutti i tessuti biologici, ma causerebbe la morte solo delle cellule bersaglio, le quali verrebbero esposte per più tempo. Lo studio ha messo in luce inoltre come queste particelle posseggano la caratteristica di essere parzialmente selettive rispetto le cellule da attaccare.
La combinazione di queste cose ha comportato che, ad una concentrazione sufficiente di nanoparticelle, quest’ultime riuscissero ad attaccare miratamente le cellule tumorali inducendo in esse la morte per mezzo di distruzione della membrana cellulare o addensamento della cromatina.
Cellule leucemiche prima e dopo il trattamento di 72h con le nanoparticelle di oro.
Fonte: Farideh Namvar, Heshu Sulaiman Rahman, Rosfarizan Mohamad, et al., “Apoptosis Induction in Human Leukemia Cell Lines by Gold Nanoparticles Synthesized Using the Green Biosynthetic Approach,” Journal of Nanomaterials, vol. 2015, Article ID 642621, 10 pages, 2015. doi:10.1155/2015/642621
Questa piccolo articolo non può che farti notare solo le sfumature dell’infinito mondo nella tavolozza delle nanotecnologie. Gli studi già conclusi e quelli che si svolgeranno porteranno allo sviluppo di tecnologie applicabili al mondo della medicina, dell’energia, dell’ambiente e chissà in quanti altri ambiti.
Mio caro Billy, ATTENZIONE! Per quanto sia meraviglioso questo mondo ancora per lo più sconosciuto, non lasciarti abbagliare. Come spesso accade si tende a lasciarsi travolgere da i successi in positivo, ignorando quelli che potrebbero essere gli effetti negativi. D’altronde anche con l’energia nucleare il processo è stato quanto detto: l’emozione di questa nuova forma d’energia ha per anni tappato gli occhi a chiunque facendoci accorgere solo successivamente delle problematiche che essa comportava.
Dulce bellum inexpertis, expertus metuit
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