Filosofia

Perché la filosofia?

Nelle ultime settimane ho avuto occasione di confrontarmi in modo sufficientemente costruttivo con alcuni colleghi riguardo al ruolo della filosofia nell’esistenza dell’uomo. I nostro goal erano studiare (o, come sempre, cercare di farlo) il meccanismo che porta la filosofia a diventare parte integrante del nostro percorso sulla Terra e capire come questa disciplina, apparentemente solo astratta, possa legarsi ad alcuni ambiti tecnici e scientifici. In alcuni casi, infatti, il rapporto uomo-filosofia diventa talmente morboso da poterne difficilmente prescindere in qualsiasi tipo di elucubrazione, sia essa di carattere scientifico- tecnologico o sia essa spirituale ed etica. Inevitabilmente, però, questi stimolanti confronti non hanno portato ad una conclusione definitiva: la mia personale convinzione è che ciascuno di noi, in fondo al cuore, conservi una propria opinione dalla quale, in virtù del proprio iter scolastico-accademico e della propria maturata idea del mondo, difficilmente ci si congeda o si voglia farlo. Come in una sorta di procedimento maieutico, l’articolo si propone di stimolare l’attenzione del lettore, gettandolo nel dubbio (ricordiamo il celebre motto socratico “so di non sapere”) attraverso ripetuti quesiti e, infine, di cercare di iniettare nella sua mente la convinzione che la filosofia sia alla base della vita dell’uomo: il compito è estremamente arduo e mi scuso anticipatamente perché difficilmente riuscirò ad adempiere a esso in modo soddisfacente. L’articolo si sofferma in modo particolare sulla cosiddetta “filosofia della fisica”, che si propone di spiegare il possibile rapporto tra la filosofia e la fisica. Preciso fin dal primo istante che l’articolo non può (e non deve!) essere considerato un “saggio”: ogni pensiero ivi contenuto è infatti il frutto di una radicata idea del sottoscritto e, come tale, deve essere soggetta a critica da parte dei lettori.

Chi è il filosofo? Quale è il suo compito? Esistono ancora i filosofi nel 2015?

Il termine filosofia deriva dal greco φιλοσοφία (traslitterato philosophía), vocabolo composto da φιλεῖν (phileîn), che significa "amare", e σοφία (sophía), "sapienza". Letteralmente, dunque, filosofia significa amore per la sapienza, per la conoscenza e per la ricerca della verità (e cosa c’è di più bello della ricerca delle equazioni che descrivono il mondo e tutti i fenomeni che si verificano su di esso? Ecco un primo spunto di riflessione...). Il filosofo, quindi, desidera conoscere e ricercare la verità per se stessa e per il più puro amore di sapere, il filosofo è colui che nutre un disinteressato amore per la conoscenza ed è quindi incaricato di un nobile compito. La figura del filosofo è sicuramente un po’ latitante nella società moderna, ma non del tutto assente. Tutti noi siamo filosofi: almeno una volta nella vita ci è capitato di utilizzare il logos (in greco: λόγος, che deriva da λέγω (légο), che significa scegliere, pensare) per cercare di spiegare razionalmente la realtà nella quale siamo costantemente immersi. Le meditazioni di uno studente sulle ragioni di un fenomeno storico o sociale, le domande di un adolescente, che stenta a capire il mondo circostante con cui è perennemente in conflitto e i pensieri di uno scienziato sul perché il mondo evolva secondo determinate equazioni non sono forse filosofia? In prima istanza forse no, ma dopo qualche femtosecondo lo diventano: una trasformazione celere e sicuramente reversibile. L’uomo si interroga, si chiede il perché delle cose e inizia a filosofare: un processo che lo porta ad una continua elaborazione teorica, un groviglio di idee che si fanno via via sempre più fitte e che spesso non è più possibile districare. L’essere razionale implica filosofia e dunque fame di sapere e capire: tutto si fonde in un “disinteressato amore per la sapienza”. L’uomo si fa filosofo e prova a interpretare secondo il suo punto di vista.

Ma la filosofia è dunque soggettiva?

La risposta non è scontata ed è anche colma di interessanti spunti di riflessione. Premessa: la filosofia non è una scienza e, come tale, non può avere un carattere universale e assoluto. Infatti, esistono campi del sapere nei quali l’uomo può addentrarsi e indagare con strumenti astratti senza però avere alcuna certezza di giungere a una conoscenza assoluta e oggettiva. In questa idea risiede la differenza principale tra la fisica (o, in generale, le scienze) e la filosofia: laddove il fisico combina in modo geniale intelletto e strumenti matematici (in termini rozzi, equazioni) per giungere a una modellizzazione del mondo e dei suoi fenomeni, ovvero una descrizione del cosmo attraverso modelli funzionali, il filosofo usa solamente il proprio intelletto, associato a una buona arte oratoria, con la quale è in grado di comunicare in modo efficace la sua soggettiva visione del cosmo. A tal proposito, utilizzo un’immagine particolarmente calzante e istruttiva: gli occhiali. Così come il matematico guarda all’infinito universo cosmico delle funzioni con diversi occhiali (ad esempio, gli occhiali per le funzioni quadrato integrabili, L2(R), quelli per le funzioni Riemann-integrabili...), allo stesso tempo il fisico guarda al mondo con occhiali differenti, ovvero secondo modelli diversi, (ad esempio, gli occhiali “quantistici”, quelli “classici” o quelli “statistici”). Ogni filosofo, invece, ha un solo paio di occhiali, con cui riesce a correggere i propri difetti ottici, assicurandosi così un’accurata visione della realtà: il risultato ottenuto è spesso soggettivo e non condivisibile con altri, proprio per la struttura intrinseca degli occhiali: soltanto i filosofi che hanno gli stessi “difetti” (ovvero appartenenti alla medesima scuola di pensiero, si pensi ad esempio alla scuola Hegeliana o quella Platonica) riescono a condividere la stessa visione del cosmo e della vita in generale.

Sorge spontaneo chiedersi a cosa serva la filosofia. Perché l’uomo sente la necessità di filosofare?

“La filosofia non serve a nulla perché non è serva di nessuno”. Aristotele avrebbe risposto così a questo importante quesito. La filosofia, infatti, non è asservita a nessun’altra forma di sapere, perché nasce dal puro desiderio di conoscere. “La filosofia nasce dallo stupore e dalla meraviglia che l’uomo prova di fronte alle cose, dinanzi alla realtà”. L’esigenza di filosofare è insita nella natura dell’uomo: la razionalità spinge gli esseri umani a una continua ricerca e a una costante indagine della realtà. Fin dall’antica Grecia l’uomo è avido di sapere e la tecnologia moderna accelera maggiormente questo processo: l’uomo studia, ricerca e dunque filosofa. La filosofia si configura, dunque, come un valido strumento a disposizione dell’uomo: il filosofo ha una forma mentis che gli permette di ragionare e di andare oltre le futili apparenze, spinto dal solo desiderio di conoscere. Per il fisico non vale la stessa cosa? Secondo me, sì! Lascio al lettore ogni altra riflessione...

Beh, certo, c’è un legame con la scienza allora...

Inevitabile! Torno a ripetere, però, che la filosofia non è scienza e che, viceversa, la scienza non è filosofia. Esistono però molti campi della scienza, dove la filosofia entra prepotentemente (con intenti diversi da quelli scientifici, ovviamente): si pensi, per esempio, al concetto di rivoluzione scientifica. Nel 1500-1600 l’uomo opera un forte cambiamento di punto di vista (nasce il “metodo scientifico”) con pesanti conseguenze sia in ambito scientifico (basti pensare alle leggi di Keplero, alla nascita della meccanica classica di Newton o, ancora, a Cartesio e i suoi celebri studi matematici) e in ambito filosofico (si potrebbe introdurre il concetto di “età primitiva dell’Illuminismo”). In modo analogo, seppure con conseguenze diverse, il 900 segna la nascita della fisica dei quanti, che rivoluziona la fisica classica (a partire dall’analisi spettrale del corpo nero) portando con sé notevoli problemi filosofici come, per esempio, il concetto di un mondo basato sull’indeterminazione e sulla probabilità

(basti pensare alla frase “filosofico-scientifica” di Albert Einstein “Dio non gioca a dadi con il mondo”: una vera e propria condanna alla fisica quantistica che, seppure rivoluzionaria, permette oggi molte delle tecnologie che usiamo quotidianamente). Inevitabilmente ci si chiede quale sia il vero rapporto tra scienza e filosofia: nasce prima la filosofia o la scienza? La filosofia precede la nascita delle scienze: la filosofia nasce senza avere un particolare oggetto di indagine (si cerca solo un’immagine razionale: un archè, ἀρχή, principio, origine) mentre la scienza nasce dall’esigenza di concentrarsi su un particolare oggetto: ad esempio, la fisica si occupa della modellizzazione quantitativa della natura (tra l’altro, la prima corrente filosofica è definita naturalistica perché ha come oggetto di indagine la natura...torna dunque un ipotetico legame con la fisica?)

Il fisico è un filosofo? Vale anche il viceversa? E l’ingegnere?

Si, no, ni.
Risposte sintetiche ma facilmente giustificabili. Come già detto, il fisico elabora un modello quantitativo con cui descrivere la natura e la materia, il filosofo, invece, si limita ad un’analisi puramente qualitativa. È dunque evidente che il filosofo sia una figura con grande potenziale “visivo” ma scarso potenziale matematico. Più facile, invece, che il fisico sia un filosofo. Nel momento in cui, infatti, il fisico comincia a staccarsi dai soli strumenti matematici, che utilizza quotidianamente, e si sforza quindi di ragionare “da uomo e filosofo” e non solo “da fisico”, allora è in grado di filosofare e di provare a risolvere quesiti di carattere esistenziale e filosofico.
Secondo questo punto di vista, l’ingegnere è lo scienziato che applica le proprie conoscenze teoriche per giungere alla soluzione di problemi pratici e per sviluppare tecnologia: dunque, almeno sulla carta, non ha un particolare interesse verso la ricerca teorica e teoretica, né tanto meno verso la meditazione filosofica: questo non significa che un ingegnere non possa rispondere a domande filosofiche ma piuttosto che, per sua natura, non sia spinto a farlo se non per un interesse personale. Lasciando da parte i pregiudizi sugli ingegneri (categoria alla quale appartengo), è comunque evidente che la rigidità sia un attributo importante di questa categoria tecnica.

La perfetta conclusione di questo processo maieutico (ricordate il “so di non sapere”...?) è un’ulteriore quesito che getta definitivamente nel dubbio tutto quanto è stato detto fino ora. Nel 1979, il fisico Richard Feynman risponde così alla domanda dal sapore squisitamente filosofico: quando noi vediamo qualcosa, vediamo l’oggetto o solo la luce che proviene da esso? Domanda che, tra l’altro, non esprime forse lo stesso concetto della frase contenuta nel celebre “Il nome della rosa” di Umberto Eco: “stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus” ("la rosa, che era, ora esiste solo nel nome, noi possediamo soltanto nudi nomi")?

The question of whether or not when you see something, you see only the light or you see the thing you’re looking at, is one of those dopey philosophical things that an ordinary person has no difficulty with. Even the most profound philosopher, sitting eating his dinner, hasn’t many difficulties making out that what he looks at perhaps might only be the light from the steak, but it still implies the existence of the steak which he is able to lift by the fork to his mouth. The philosophers that were unable to make that analysis and that idea, have fallen by the wayside from hunger

(“Il problema di cosa vedi effettivamente quando osservi qualcosa, se sia l’oggetto in sé o la luce che viene da esso, è una di quelle sciocche questioni filosofiche con cui una persona ordinaria non ha alcun problema. Anche il più profondo dei filosofi, seduto a cena, non ha difficoltà a realizzare che, nonostante ciò che crede potrebbe essere solo la luce che viene dalla bistecca, ciò implica comunque l’esistenza di essa. I filosofi che invece non riescono a portare a termine questa analisi e raggiungere questa idea, si sono persi per strada per la fame.”)

A voi le conclusioni. Mi raccomando, però, non smettete mai di filosofare!

Perché senza la filosofia... non esisterebbe la scienza!

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