Fisica

Quei ragazzacci di via Panisperna: quando il "Papa" ebbe l’idea di usare i neutroni lenti

Con passo lento e austero fa il suo ingresso nella sala una figura in completo bianco, armata di bastone e di un vistoso cappello. Accolto da numerosi applausi fa per avvicinarsi al microfono e dar quindi inizio al suo discorso quando un fischio assordante riempie la sala lasciando il posto ad una voce sommessa che così pronuncia: «Gentili radioascoltatrici e radioascoltatori, […] Guglielmo Marconi è morto!» (( ‘I ragazzi di via Panisperna’, film di Gianni Amelio del 1989 )). Essendo però la figura in abiti eleganti lo stesso Marconi è chiaro come si tratti di uno scherzo ad opera di quelle menti, brillanti e geniali, che andranno poi ad arricchire le fila dell’Istituto di via Panisperna: è con questa scena che si apre il film di Gianni Amelio ‘I ragazzi di via Panisperna’ (1989). Ovviamente si tratta di una vicenda frutto della fantasia del regista il cui intento era quello di svestire quel gruppo di giovani ricercatori di quell’aria di rigida autorità che siamo soliti affidare alla figura dello scienziato: infatti, la strettissima differenza di età tra insegnanti e studenti avrebbe facilitato quel processo di scambio dei ruoli fino a portare, presto, ad un rapporto di amicizia ben prima di quello lavorativo.

Enrico Fermi (all’estrema destra) ritratto in foto presso il dipartimento di fisica di Arcetri insieme con Franco Rasetti (estrema sinistra).

“Il primo gruppo di ricerca al mondo” (( ‘I ragazzi di Fermi’, conferenza di Eugenio Coccia presso la Festa di Scienza e Filosofia 2016 (Foligno) )), così Halton, uno storico della scienza, definisce le giovani menti poi conosciute con il nome dei ragazzi di via Panisperna (per il nome dell’istituto nell’omonima via) o anche con quello dei ragazzi di Fermi. È dunque chiaro come il ruolo di Enrico Fermi fosse centrale in quel processo di studio e ricerca che contraddistingueva il piccolo gruppo romano. Fondamentale per la sua nascita fu il ruolo di Orso Maria Corbino, un fisico dalle ineguagliabili capacità imprenditoriali e politiche che gli permisero, dapprima di diventare direttore dell’Istituto di via Panisperna, poi senatore sfruttando le opportunità offertegli dal neo-governo fascista. Con i nuovi poteri in suo possesso vedeva finalmente possibile la nascita di un progetto volto a portare l’Italia sulla vetta della fisica moderna che continuava a collezionare successi grazie alla relatività di Einstein e alla meccanica quantistica di Planck, Heisenberg, Schrödinger e Dirac.

Il primo passo fu quello di richiamare nella Capitale un giovane Fermi (27 anni), brillante studente della Normale di Pisa da poco laureatosi che aveva già avuto una piccola esperienza all’estero procuratogli una discreta fama grazie al contributo che diede alla statistica della distribuzione energetica (la statistica di Fermi-Dirac) delle particelle fermioniche, così denominate in suo onore: si tratta di particelle dotate di spin semintero (1/2, 3/2, 5/2, …) che hanno come caratteristica fondamentale quella di ubbidire al principio di esclusione di Pauli (due particelle aventi lo stesso spin non possono occupare lo stesso livello energetico). Nel 1926 Corbino fece istituire la prima cattedra in Fisica Teorica d’Italia con l’intento di costruire, con Fermi, il Regio Istituto Romano di Fisica: il loro desiderio era quello di trasformare l’Istituto di via Panisperna in un moderno laboratorio all’altezza di quelli presenti nel resto d’Europa (( ‘Fermi e i ragazzi di via Panisperna’, documentario di Il Tempo e la Storia (programma di Rai Cultura) )). Fu quindi richiamato da Firenze Franco Rasetti (27 anni), compagno di Fermi ai tempi della Normale e già suo collega in esperimenti di spettroscopia. A questo punto i due giovani professori necessitavano di un altrettanto giovane e affiatato gruppo di studiosi che li affiancasse negli esperimenti di fisica moderna: di nuovo il ruolo di Corbino fu fondamentale convincendo le più brillanti menti iscritte ad ingegneria (facoltà in cui lo stesso Corbino insegnava Fisica II) a passare a fisica. Si unirono quindi al gruppo Edoardo Amaldi (19 anni) ed Emilio Segrè (22 anni); quest’ultimo poi convincerà Ettore Majorana (19 anni), teorico puro dalle formidabili capacità di calcolo e di immaginazione. Si era così delineato il primo nucleo dei ragazzi di Fermi: «La celerità con cui era possibile formare un giovane fisico alla scuola di Fermi era incredibile – così parlava Segrè –. Naturalmente ciò era dovuto in parte all’entusiasmo immenso che egli suscitava nei giovani, mai con prediche o discorsi, ma con la forza invincibile dell’esempio. Dopo aver trascorso qualche tempo all’Istituto di via Panisperna ci si trovava completamente assorbiti dalla fisica e quando dico completamente non esagero» (( ‘La particella mancante’, saggio di João Magueijo del 2010 edito Rizzoli )).

Dunque il giovane gruppo di studiosi delineò subito ruoli e nomine che facilitassero il lavoro da svolgere durante la ricerca: Corbino era il Padreterno dato il ruolo che ricopriva nelle alte sfere politiche; Fermi era il Papa, infallibile ed emissario del Padreterno sulla terra; poi c’era Rasetti, il Cardinale Vicario, talvolta detto anche il Venerato Maestro; Amaldi era l’Abate, mentre Segrè era il Basilisco a causa del suo carattere irascibile; Majorana non poteva che essere il Grande Inquisitore data la sua maestria nella risoluzioni dei problemi di fisica e dato il terrore che instillava nei suoi giovani colleghi. L’ultimo ad aggiungersi al gruppo fu Bruno Pontecorvo, appena diciottenne, al quale, per questo, fu affibbiato il nome di Cucciolo; da segnalare c’è anche la figura di Giulio Cesare Trabacchi, mai membro effettivo dell’equipe romana, il cui compito era quello di fornire, dall’Istituto Superiore della Sanità, i materiali necessari agli esperimenti e denominato per questo la Divina Provvidenza (( ‘Il gruppo di via Panisperna’, documento del progetto La forza nell’atomo (2016) )).

Agli inizi degli anni ’30 Fermi e Rasetti si resero conto che la fisica atomica non forniva più nuovi elementi di studio a causa dell’enorme potenza esplicativa della meccanica quantistica. Alla luce di ciò decisero di investire gli sforzi del gruppo di via Panisperna in un settore ancora del tutto sconosciuto: il nucleo atomico. Quello che si sapeva al tempo era che la materia, in condizioni normali, si presenta neutra, stato che può essere modificato con un sufficiente scambio energetico che porta l’atomo alla ionizzazione, cioè alla privazione di uno o più elettroni che lo dividono così in un gruppo di cariche: tante cariche negative quanti sono gli elettroni liberi ed uno ione positivo avente carica pari ed opposta a quella posseduta dagli elettroni liberi. È chiaro dunque come fosse opinione diffusa che il nucleo possedesse al suo interno solo cariche positive e che fosse circondato, al suo esterno, da cariche negative. Ciò spiegava senza troppi intoppi la fisica degli elementi leggeri, ma si trovavano importanti difficoltà a giustificare la massa degli atomi più pesanti. Il problema trovava la sua causa nella presenza di cariche neutre all’interno del nucleo: i cosiddetti neutroni scoperti da James Chadwick solo nel 1932. Nel 1934 fu poi scoperta la radioattività artificiale grazie all’opera sperimentale di Irene Curie e suo marito Frederic Juliot che riuscirono finalmente nel loro intento bombardando atomi stabili con nuclei di elio, le cosiddette particelle α. Così, dopo un’iniziale titubanza sull’effettiva esistenza dei neutroni, Fermi decise di focalizzare l’attenzione del giovane gruppo di ricercatori sul bombardamento metodico di tutti gli elementi naturali ad opera, non tanto della radiazione α, ma sfruttando la nuova particella priva di carica. Con suo grande stupore i risultati furono più che soddisfacenti: il bombardamento con i neutroni risultava ben più efficace di quello con nuclei di elio, producendo sistematicamente nuclei radioattivi a partire da elementi stabili. La penetrazione del neutrone all’interno del nucleo prescelto, infatti, facilitava la trasformazione di uno dei neutroni presenti nel nucleo stesso in un protone (tale fenomeno è alla base del decadimento β di cui Fermi diede una brillante interpretazione) permettendo a parte degli atomi di un dato elemento di diventarne un altro più pesante: “Era la «chimica» della radioattività che realizzava l’originario traguardo della chimica: la pietra filosofale, la chiave per la trasmutazione alchemica degli elementi in oro.” (( ‘La particella mancante’, saggio di João Magueijo del 2010 edito Rizzoli )). In uno dei suddetti esperimenti, verso la fine del 1934, il Papa fu colto da un’intuizione frapponendo tra la sorgente di neutroni e il nucleo da bombardare una sottile lastra di paraffina con l’intento di rallentare le particelle prive di carica: lo stupore fu diffuso tra i membri dell’istituto perché, contro ogni previsione, i neutroni lenti massimizzavano il fenomeno della radioattività artificiale ponendo quindi le basi per lo sviluppo della radiomedicina (estremamente costosa all’epoca), ma soprattutto, nonostante non lo immaginassero ancora, per l’energia nucleare e per la bomba atomica (( ‘Enrico Fermi e i ragazzi di via Panisperna’, documentario di Azione Prometeo )).

La celeberrima foto ritraente i ragazzi di via Panisperna all’esterno dell’omonimo istituto. Da sinistra: Oscar D’Agostino (chimico prestato al gruppo da Trabacchi), Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Franco Rasetti ed Enrico Fermi. A scattare la foto fu lo stesso Bruno Pontecorvo, mentre Ettore Majorana era assente.

Il bombardamento sistematico proseguì fino al torio (con numero atomico 90) e all’uranio (con numero atomico 92), gli ultimi elementi naturali della tavola periodica. I risultati che ne conseguirono erano complessi e diversi esperimento dopo esperimento, fattori che determinarono l’erronea interpretazione dei dati come la scoperta dei primi due elementi transuranici denominati esperio e ausonio in onore di due antiche civiltà italiche (fu un’idea di Corbino per politicizzare il successo dei suoi ragazzi (( ‘La particella mancante’, saggio di João Magueijo del 2010 edito Rizzoli) )). Tale scoperta fu confermata dalla maggior parte della comunità scientifica del tempo, ma la verità era ben diversa come ipotizzato da Lise Meitner, brillante donna che per prima suppose come il nucleo di uranio non fosse stato appesantito dopo la penetrazione del neutrone, ma come questo avesse invece indotto la spaccatura del nucleo stesso in due nuclei più leggeri: i ragazzi di via Panisperna avevano così prodotto, nel loro istituto, la prima fissione nucleare della storia (( ‘I ragazzi di Fermi’, conferenza di Eugenio Coccia presso la Festa di Scienza e Filosofia 2016 (Foligno) )).

Nonostante il palese errore, i giovani ricercatori ottennero la notorietà sufficiente per proseguire in maniera indipendente le proprie carriere seguendo le orme di Majorana che, per primo, si era allontanato dal gruppo (non per cause professionali, ma per una crisi di depressione che non lo abbandonerà mai (( ‘La particella mancante’, saggio di João Magueijo del 2010 edito Rizzoli) )). Nel giro di pochi anni il gruppo di via Panisperna non esiste più, i suoi membri sono divisi tra i laboratori di mezzo mondo conservando, come eredità del Regio Istituto di Fisica, un sincero rapporto di amicizia. Nel frattempo la situazione politica europea e italiana capitola, siamo alla fine degli anni ’30 e Mussolini sottoscrive accordi con Hitler che porteranno alle leggi razziali anche nel nostro paese. Segrè, ebreo, venne tratto in salvo da una fortuita visita all’Università di Berkeley dove rimarrà per tutta la vita, mentre Fermi, essendo sua moglie di famiglia ebraica, sfruttò il conferimento del premio Nobel del 1938 (insignitogli per le importanti applicazioni legate alla scoperta dei neutroni lenti) per emigrare in America all’indomani della premiazione. Entrambi giocarono un ruolo fondamentale nel compimento del Progetto Manhattan che portò alle devastanti distruzioni di Hiroshima e Nagasaki ad opera di quegli stessi neutroni lenti che, lasciati indisturbati, rivelano tutto il loro potenziale innalzando spaventosi funghi atomici.

Sempre nel 1938 Majorana, dopo aver ottenuto una cattedra in Fisica Teorica presso l’università di Napoli, scomparve senza lasciare traccia di sé. Di ritorno da Palermo, inviò un telegramma che dà credito all’ipotesi del suicidio, ma il corpo non venne mai ritrovato. Come eredità lascia una brillante interpretazione delle interazioni che legano protoni e neutroni del nucleo conosciute ad oggi con il nome di forze di Majorana (( ‘I ragazzi di Fermi’, conferenza di Eugenio Coccia presso la Festa di Scienza e Filosofia 2016 (Foligno) )) oltre ad un’interessante interpretazione alternativa del mare di Dirac che avrebbe, come risultato, una diversa visione dell’antimondo (le cosiddette particelle di Majorana) (( ‘La particella mancante’, saggio di João Magueijo del 2010 edito Rizzoli )). Fu un personaggio atipico nel gruppo di via Panisperna, spesso in disparte e poco attratto dall’aspetto sperimentale della fisica. È difficile definire le cause che lo portarono alla sua crisi di depressione, ma quel che è certo è che questa lo portò a nascondersi agli occhi del mondo richiudendosi in un guscio fino a scomparire.

A continuare la scuola di Fermi in Italia rimase il solo Amaldi che, ottenuta la cattedra in Fisica Sperimentale a Roma, vi insegnerà per oltre quarant’anni. La sua figura fu fondamentale per la fisica italiana ed europea essendo tra i primi a spingere per la costruzione di un acceleratore di particelle nel secondo dopoguerra, oltreché per la spinta alla ricerca per la determinazione delle onde gravitazionali. Contribuì in prima persona alla creazione dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), del Centro Europeo di Ricerche Nucleari (CERN) di Ginevra e dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA).

L’edificio che ospitava l’Istituto di via Panisperna (oggi proprietà del Ministero degli Interni).

Oggi, quello che rimane dell’Istituto di via Panisperna è incluso nel comprensorio del Viminale dove ospita la sede del Ministero degli Interni. Qui è stato fondato un centro di ricerca per onorare la memoria di un pioniere della fisica italiana e mondiale come è stato Enrico Fermi, capace di unire e affascinare giovani menti fino a farle innamorare di quella stessa materia che tanto lo aveva rapito da ragazzo. Nei primi mesi del 2017 è prevista l’apertura del Museo Storico della Fisica presso quello stesso istituto a cui tutti i ragazzi erano così legati: «Credo che tutti quelli che vi hanno lavorato – così scriveva Segrè – serbino un ricordo affettuoso e poetico del luogo» ((‘La particella mancante’, saggio di João Magueijo del 2010 edito Rizzoli)).

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