Chimica

Eterna giovinezza: sogno o realtà?

Ma il tempo, il tempo, chi me lo rende?
Chi mi dà indietro quelle stagioni
di vetro e sabbia, chi mi riprende
la rabbia, il gesto, donne e canzoni,
gli amici persi, i libri mangiati,
la gioia piana degli appetiti,
l'arsura sana degli assetati,
la fede cieca in poveri miti?

Francesco Guccini

E’ il tempo il più grande enigma dell’uomo.

Impercepibile e allo stesso tempo implacabile nel suo scorrere incessante.
Non possiamo nulla contro di lui, non possiamo fermarlo, accelerarlo oppure invertirlo.
Ma chi ci dice che non siamo in grado di intervenire sui suoi spiacevoli effetti?

E’ innegabile: a nessuno piacciono rughe, vecchiaia e reumatismi.
Vorremmo tutti vivere per sempre nei nostri anni migliori, nel pieno delle nostre forze ma, ahimé, per avverare i nostri sogni le punturine, il fitness e le verdurine non bastano.

Qual è la natura del tempo? Giungerà mai a una fine? Possiamo tornare indietro nel tempo? Un giorno forse queste risposte ci sembreranno ovvie come la Terra che orbita intorno al sole o magari ridicole come una torre di tartarughe. Solo il tempo, qualunque cosa sia, ce lo dirà.

Dopo il celebre fallimento di Dorian Gray, un nuovo tentativo nella risoluzione di questo problema millenario viene dell’Istituto Salk per gli Studi Biologici a La Jolla, in California.
Il coordinatore della ricerca, Juan Carlos Izpisua Belmonte, ha sagacemente sentenziato: ”Dimostriamo che il processo di invecchiamento potrebbe essere invertito!

La ricerca si basa su una tecnica di riprogrammazione cellulare, attraverso la quale è stato possibile intervenire su delle cellule “adulte” di alcuni topi fino a farle ringiovanire del 30%.

E se l’invecchiamento fosse meno irreversibile di quello che pensiamo?

Nello studio sono stati scelti animali affetti dalla sindrome di Hutchinson-Gilford, che causa un invecchiamento precoce dell'organismo.
Il risultato è stato straordinario.

In sole sei settimane i topi sono ringiovaniti visibilmente, le loro condizioni cardiovascolari migliorate, la colonna vertebrale è diventata più solida e la loro aspettativa di vita si è allungata.
Ciò che Belmonte ha provato a dimostrare è che la vecchiaia non è l’inevitabile conseguenza dello scorrere del tempo: le lancette, per ora, non riusciamo a fermarle ma forse possiamo fare qualcosa per i fastidiosi difetti dell’età!

La tecnica usata non è nata dal nulla, ha ripercorso il sentiero di uno studio sviluppato nel 2006 da Shinya Yamanaka, medico e professore all’università di Kyoto.
La sua ricerca e i suoi risultati smuovono la comunità scientifica da anni, tanto da coronare nel 2012 il dottore giapponese con il riconoscimento più ambito di tutti: il Nobel.

Il mio obiettivo, tutta la mia vita, è portare la tecnologia delle cellule staminali ai pazienti, ai letti degli ospedali.”

Questa la dichiarazione dello scienziato una volta appreso di aver ricevuto l’ambitissimo premio; è infatti ben noto che le cellule staminali oltre ad essere protagoniste indiscusse di un gran numero di studi sono anche al centro di numerose polemiche.

Siamo quindi sicuri di sapere cosa siamo?

Possiamo paragonare le cellule staminali ad un Ditto, il pokémon!
Proprio come lui è in grado di mutare in tutti i tipi di pokèmon, allo stesso modo le staminali sono in grado di evolvere da uno stato “neutro” e diventare qualsiasi altro tipo di cellula.

Per essere definita tale, questo particolare tipo di cellula deve avere due prerequisiti fondamentali.

1. L’autorinnovamento.

Una cellula staminale è in grado di replicarsi un numero infinito di cicli.

Abbiamo tutti ammirato almeno una volta una lucertola che, dopo aver perso la coda, è in grado poi di rigenerarla; questo è possibile proprio grazie alla presenza di un gran numero di cellule staminali lungo il piano di rottura della coda che, una volta compiuto il danno, sono in grado di moltiplicarsi rapidamente e di porvi rimedio.

2. La potenza.

Le cellule staminali è come se fossero un foglio bianco, aspettano solo che qualcuno scriva la loro storia.
La cellula “neutra” è cioè in grado di moltiplicarsi, differenziarsi e diventare una cellula diversa da quella di partenza.
Pensa ad un embrione.
Da un mucchietto di cellule invisibile nasce e si sviluppa la vita, nella sua intricata e maestosa complessità: pelle, sangue, occhi, cervello.

Questa capacità, unica e straordinaria è alla base dei numerosi studi che le vedono protagoniste e il ringiovanimento cellulare è solo uno di questi.

Il lavoro del pool californiano si incentra su un un poker di geni: Oct-3/4, Sox2, c-Myc, e Klf4.
Tramite questi, appunto fattori di Yamanaka, si è riusciti a virare le cellule adulte in cellule staminali pluripotenti indotte (iPCS).
La pluripotenza è la capacità di differenziarsi e successivamente moltiplicarsi a partire dai tre stati germinali fondamentali:

  • endoderma, cioè il tessuto che costituisce il rivestimento interno dello stomaco, del tratto gastrointestinale, e dei polmoni);
  • mesoderma, cioè il tessuto che costituisce muscoli, ossa, sangue, e l’apparato uro-genitale;
  • ectoderma, cioè il tessuto del sistema nervoso e della pelle.

Questo particolare tipo di cellule non è propriamente generato come embrione ma nasce artificialmente per averne le stesse proprietà: maturare per diventare, da indifferenziata, qualunque tipo di cellula.

Ma, ahimè, non c’è rosa senza spine!
Proprio la versatilità delle iPCS porta con sé il rischio di diventare una cellula tumorale che potrebbe iniziare a riprodursi in modo incontenibile e fatale; per far fronte a questo problema, il gruppo di Belmonte, non ha azzardato un ringiovanimento del 100% ed ha integrato la terapia con un antibiotico a largo spettro. Un azzeramento totale avrebbe accresciuto drasticamente la probabilità di una proliferazione cellulare incontrollata, che è stata invece del tutto assente nell’esperimento.

Il nostro studio dimostra che l'invecchiamento non è un processo che deve andare necessariamente in una sola direzione, ma ha una plasticità che consente, con un'opportuna modulazione, di invertirlo

ha dichiarato Belmonte.

Il lavoro dimostra che i cambiamenti epigenetici determinano almeno parzialmente l'invecchiamento: ciò indica una via molto promettente per cercare di ritardare l'invecchiamento cellulare, anche se occorreranno molti anni ancora per poter pensare a una sperimentazione sugli esseri umani”.

Siamo quindi ancora piuttosto lontani dal diventare dei mistici esseri immortali e forse certi limiti non saranno mai superati dalle tecniche umane.
Siamo poi davvero sicuri di desiderare così ardentemente l’eternità?
Forse la vita non avrebbe lo stesso valore, forse tutti i nostri sforzi, i nostri miglioramenti, i nostri ricordi perderebbero di valore, sarebbero un po’ meno unici.

Nulla però ci vieta di sognare che la ricerca sulle staminali ci possa un giorno permettere di rigenerare un arto, come ogni Namecciano che si rispetti.

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