Fisica

Shadows walking into nothingness - Un'introduzione alla fisica quantistica

A tutti quelli che, in un modo o nell'altro, mi hanno fatto e mi fanno amare la fisica.

Cerco le parole giuste da mesi. Ma non le trovo. Cerco il coraggio per cominciare. Ma sembra voglia giocare a nascondino. Cerco di studiare da anni. Ma non capisco. Provo a dare un’interpretazione. Ma fallisco sempre. Da mesi. Ma ora, come fossi idealmente al termine di una lunga passeggiata sull’affascinante “Avenue des Champs-Élysées”, sono finalmente giunto all’Arc de Triomphe. Estasi, gaudio, stupore: la fisica quantistica. L’ho scritto. Mi sembra quasi che quelle due semplici parole, tanto cariche di appeal, quanto maledettamente pesanti da pronunciare, siano scritte in una dimensione molto superiore al resto del testo, come se la tiepida luce di “Impressione, levar del sole” di Monet si stesse impossessando di loro, per elevarle ad un piano superiore, al quale l’uomo cercherà sempre di tendere. Perché, sì, l’uomo cerca di dare spiegazioni, cerca di trovare un ordine o un modello razionale ma, prima o poi, va a sbattere contro un groviglio, un gomitolo inestricabile: il mondo. Il mondo è caos, è vita, amore e odio, fisica e matematica, razionalità e irrazionalità, determinismo e indeterminismo. Sì, si può ignorare il problema, si può studiare, si può cercare di capire ma prima o poi ne rimaniamo ingabbiati: tutti siamo coinvolti. E’ un terremoto concettuale, il cui epicentro affonda le radici in un passato colmo di elucubrazioni e risultati straordinari. Perché la fisica quantistica è passione, è indeterminismo, è una continua tensione verso un qualcosa diinafferrabile che, per la sua natura sfuggevole e imprevedibile, alimenta l’uomo, dandogli sostentamento e dubbio. Un dubbio atroce. Il dubbio che “Dio giochi a dadi con il mondo”. Un mondo imprevedibile e fondamentalmente indeterminato e indeterminabile. La fisica quantistica è una nuova rivoluzione scientifica che, tre secoli dopo, getta nel dubbio l’uomo, introducendo concetti innovativi e colpendo i più importanti ambiti del sapere. Senza via d’uscita. E il fatto che molte menti geniali - tra cui Albert Einstein - abbiano avuto difficoltà ad accettare le teorie quantistiche, corrobora e dà un peso solenne a quanto ho scritto fino ora.La sfida che mi pongo è ardua ma terribilmente affascinante (non riesco a resistere): non è importante quello che ci aspetta al termine di questa ripida e scivolosa strada, ma piuttosto quanto proviamo nel percorrerla. Il rischio di cadere è alto ma la gioia nello scoprire “un nuovo mondo” sarà molta. Non arrendetevi, non abbiate paura di scivolare perché la conoscenza nobilita l’uomo. Al termine potreste avere più dubbi: meglio. Solo così si comincia ad apprezzare questa disciplina.

Per iniziare, ho deciso di seguire una via un po’ anticonformista (che segua le mie “istanze personali”): un approccio che si scontra con i metodi tradizionali di introduzione alla fisica quantistica ma che ritengo (e spero!) possa risultare più congeniale e interessante. Non temete, in ogni caso subirete una parentesi storica, che, seppur noiosa, è necessaria. Pronti? Via! Buon viaggio nel mondo della fisica dei quanti.

Come punto di partenza, ho scelto una citazione di Sheldon Cooper di Big Bang Theory:La fisica quantistica mi manda in estasi. [...] È come guardare l'universo senza veli”. Il fisico più famoso delle serie TV americane riesce a centrare il punto: la fisica quantistica è lo strumento più nobile con cui l’uomo può studiare la natura del cosmo: ogni fenomeno, ogni aspetto della fisica assume un senso e una spiegazione alla luce della fisica dei quanti. Osservare il mondo, passando attraverso la lente della fisica quantistica, permette di scoprire e conoscere i misteri primordiali e reconditi dell’universo. Qual è il prezzo da pagare? La risposta ce la fornisce il premio Nobel Richard Feynman “I can safely say that nobody understands quantum mechanics”. Proprio così. Gli occhiali della meccanica quantistica hanno un potenziale molto alto, ma sono estremamente pericolosi: nessuno riesce a capire ciò che si vede. Come se stessimo assistendo a un fenomeno paradossale, una serie di prove inconfutabili che, però, non riusciamo a capire e che, per la nostra natura limitata, non riusciremo mai a capire. Perché la fisica dei quanti non si vede e non si capisce, ma c’è e permea tutto il cosmo.
Che cosa abbiamo imparato fino a ora? Abbiamo capito che la meccanica quantistica è una bestiola bizzarra: tanto interessante e potente, quanto maledettamente difficile e incomprensibile. E allora perché esiste? Come facciamo a giungere alla conoscenza di questi concetti tanto inafferrabili? Come concepirli nella nostra mente?
Accantoniamo momentaneamente queste domande, a cui daremo in seguito ampie risposte, e gettiamoci su un altro importante punto: “Se in fisica quantistica non hai niente, avrai pur sempre qualcosa”. Il fisico statunitense Krauss ci getta nuovamente nello sconforto. Pensavamo di avere finalmente aperto la via verso una conoscenza forte, che stava cominciando ad assumere senso e ora, invece, non abbiamo nulla, pur avendo sempre qualcosa. Cosa significa? Significa che tutto ciò che in prima approssimazione può sembrare assurdo può, invece, avere senso e acquisire credibilità. È uno straordinario invito alla creatività, un invito ad avere una “open mind”, un’attitudine aperta verso qualsiasi strada, seppur apparentemente assurda, perché anche se ci sembra di non avere nulla, abbiamo. Eccome. E questo non vale solo per la visione quantistica del mondo, ma vale anche - e soprattutto - nella vita di tutti i giorni. C’è sempre qualcosa d’imprevedibile e imperscrutabile che, seppur ben celato, ci rende orgogliosi di essere uomini.
Siamo uomini in un mondo strano, fino a ora governato da leggi razionali e ordinate che, però, sembrano cominciare a scricchiolare. Come si comporta l’uomo in questo contesto? Crolla e collassa, come una funziona d’onda (non preoccupatevi, capirete cosa significa). L’uomo osserva il mondo che gli sta attorno e comincia a essere in un certo senso vittima di eventi, incontrollabili e imprevedibili. “Ci crediamo liberi ma siamo prigionieri. Ci crediamo liberi ma siamo schiavi: milioni di milioni di ombre sperdute. Rumorosi andiamo per le strade, alzando solo polvere. Millions of shadows, walking into nothingness”. Evidentemente Franco Battiato non si riferisce minimamente alla fisica dei quanti, anche se ne “La polvere del branco” riesce a toccare un punto importante e delicato. Perché noi tutti – è vero – siamo un po’ delle ombre che camminano nel nulla, in una condizione di vuoto spinto, del quale capiamo ancora poco, come dice Feynman. E possiamo fare poco per capire. Abbiamo cominciato a capire che viviamo in un mondo non più troppo determinato, come pensavano Copernico e Galileo, un mondo lasciato un po’ a se stesso, un mondo dove ci sono eventi più probabili di altri, un mondo dove c’è un Dio che gestisce tutto in un modo che, a volte, sembra un po’ assurdo e casuale. E questo non ci piace. Questo ci destruttura, ci getta in un dubbio amletico. E come in una maieutica socratica, ci gettiamo in interpretazioni filosofiche che, però, non portano a conclusione. O meglio, c’è una bassa probabilità di trovarle, a causa di questo forte indeterminismo.
Concludo questa fase iniziale con un’ultima, celebre, citazione: “La meccanica quantistica è degna di ogni rispetto, ma una voce interiore mi dice che non è ancora la soluzione giusta. È una teoria che ci dice molte cose, ma non ci fa penetrare più a fondo il segreto del Grande Vecchio. In ogni caso, sono convinto che questi non gioca a dadi col mondo”. Questa frase di Einstein ha una duplice valenza: se da un lato il fisico sembra legittimare (o quasi) la fisica dei quanti come una nuova e rivoluzionaria visione del mondo, dall’altro sembra condannarla per il suo carattere fortemente aleatorio che abbiamo cominciato a poco a poco ad introdurre. Il pensiero di Einstein è il pensiero dell’uomo medio che, di fronte ad un mondo governato da leggi “casuali”, sembra spaesato e privo di punti di riferimento. Einstein non vuole abbandonarsi all’idea che “il Grande Vecchio giochi a dadi con il mondo”, prendendoci bonariamente in giro. La sua visione è perfettamente razionale e totalmente condivisibile. Chiunque condannerebbe la visione probabilistica-statistica del mondo anche se, però, la vera natura del cosmo è proprio questa. E grazie a questa straordinaria teoria fisica, l’uomo ha saputo ingegnarsi, dando il via a un veloce e importante processo di tecnologizzazione altamente innovativa.

Nel leggere questa lunga introduzione, sorge spontanea una domanda: abbiamo compreso che la fisica quantistica è qualcosa di sconvolgente e incredibilmente difficile, abbiamo cominciato a orecchiare la possibilità di un mondo basato sul concetto di probabilità ma… quindi? Questa serie di parole a che cosa sono servite? Se qualcuno mi accusasse di non aver spiegato nulla e di aver creato solo tanto “rumore”, risponderei che ha perfettamente ragione: infatti, la sinfonia deve ancora arrivare. Ho scritto tanto ma non ho detto nulla. Ne sono consapevole. Il mio intento è di creare un’atmosfera molto confusa, priva di punti di riferimento e totalmente instabile: solo così riesco a “ricreare” (o almeno provare a ricreare) il clima destabilizzante e barcollante dei primi anni del 1900, quando la fisica dei quanti vede per la prima volta la luce. Prima di vedere concretamente quali sono i nuovi concetti introdotti, vorrei farvi qualche esempio di fenomeni ed esperimenti, basati sulla fisica dei quanti: solo così ci si rende effettivamente conto di quanto la teoria sembri essere paradossale ma venga costantemente utilizzata, anche in ambito tecnologico.

1.

Cominciamo con un esperimento: consideriamo una sorgente di particelle "classiche" (supponiamo, per semplicità, delle palline di massa M), che vengono inviate su un bersaglio. Poniamo a una distanza D dalla sorgente uno schermo, su cui sono state precedentemente praticate due fenditure: evidentemente, impatteranno sullo schermo soltanto le particelle che hanno attraversato i fori. Si può pensare, dunque, che su un muro, posto a una distanza L dallo schermo, osserveremo delle macchie in corrispondenza della proiezione dei due fori sul muro stesso. Siamo nell'ambito della fisica classica e tutto è comprensibile. Ora, ripetiamo l'esperimento con delle onde (supponiamo delle onde sonore). Evidentemente, a causa della natura ondulatoria del corpo che incide sullo schermo, osserveremo una tipica figura d’interferenza, che consiste in una serie di frange di maggiore intensità alternate a frange di minore intensità: questo è dovuto al fenomeno ondulatorio dell’interferenza, grazie al quale le onde possono colpire regioni del bersaglio, che sarebbero irraggiungibili per i corpi materiali. Grazie agli studi sull’interferenza, inoltre, è noto che se si tappasse una delle due fenditure, non si osserverebbe alcuna figura di interferenza (in questo caso si osserverebbe una figura di diffrazione, dato che la fenditura si comporterebbe come una sorgente puntiforme, ma questo, al momento, non ci interessa).
Ora, ripetiamo l’esperimento utilizzando, però, degli elettroni (che hanno un forte carattere quantistico): ci aspetteremo una situazione del tutto simile a quella osservata nel caso delle particelle classiche; invece, otteniamo una figura di interferenza, come nel caso delle onde! Come è possibile? Non stiamo utilizzando delle onde! Sembrerebbe quasi che l’elettrone si comporti come un’onda e dia origine al fenomeno dell’interferenza. Ma da quale foro passa il singolo elettrone? Per generare interferenza, esso deve essere un'onda e passare contemporaneamente dai due fori, cosa che sembrerebbe impossibile per una particella singola. Chiaramente stiamo applicando all'elettrone il concetto di "particella classica", ma esso non è più valido in meccanica quantistica: finché l'elettrone non è rivelato sul bersaglio, esso non si trova mai in un punto preciso dello spazio, ma esiste solo in uno stato potenziale astratto descritto da una funzione d'onda (l’autostato dell’elettrone), che si propaga appunto come un'onda e non secondo una traiettoria definita (si parla “di densità di probabilità di trovare l’elettrone in una determinata zona dello spazio”)
Nella nostra convinzione, infatti, l'elettrone dovrebbe passare solamente da uno dei due fori e ci piacerebbe "coglierlo" in quell'attimo, per scoprire il suo segreto. Per cogliere l’elettrone, però, è necessario rivelarlo. Come fare? Idea geniale! Potremmo, per esempio, inviare sull'elettrone una debole luce e verificare se essa viene riflessa. Nonostante questo sia assolutamente fattibile a livello sperimentale, si osserva che, però, sparisce la figura di interferenza. Infatti: o l'elettrone passa dal nostro foro, e quindi viene individuato dal nostro rivelatore – diventando una “particella reale” - oppure passa dall'altro foro. E quando passa da un foro solo - sia esso onda o particella - non può produrre interferenza! La meccanica quantistica ci impedisce di conoscere congiuntamente da quale foro siano passati l’elettrone e le frange di interferenza: o l'elettrone viene rivelato come particella oggettiva - e quindi non produce interferenza - o è un'onda, e dunque non passa da una singola fenditura, bensì da tutte e due (o meglio, "è come se fosse passata da tutte e due").Pazzesco, vero? Abbiamo appena introdotto il concetto di dualismo onda-particella, avanzato da De Broglie e ampiamente utilizzato in tutta la teoria quantistica. Nelle scale microscopiche (e quindi anche per gli elettroni), ogni corpo ha una duplice natura: è sia un’onda che una particella e, a seconda degli esperimenti, si può rivelare il suo vero “essere”.

2.

L’effetto tunnel (di cui ha già parlato il mio omonimo qui e di cui parleremo anche in seguito) è un fenomeno molto interessante e sicuramente molto difficile da “accettare”. Esistono, però, molti esempi di applicazione del principio di penetrazione di barriere di potenziale da parte di particelle subatomiche. Nel 1973 è stato assegnato il premio Nobel a Leo Esaki, che ha ideato il “diodo tunnel”: si tratta di un dispositivo a semiconduttore utilizzato in circuiti elettronici per alte frequenze, per le sue caratteristiche di risposta molto rapida. La spiegazione del suo funzionamento richiederebbe ovviamente la conoscenza della fisica dei semiconduttori (che ora non posso evidentemente affrontare), ma possiamo limitarci a dire che questo strumento, sfruttando la penetrazione degli elettroni in zone “impossibili”, permette il loro passaggio attraverso barriere di potenziale (per effetto tunnel), dando così origine a una corrente, facilmente pilotabile.

3.

Il doppietto giallo del sodio è alla base delle lampade a scarica al sodio, che sono ampiamente utilizzate per l’illuminazione stradale. La luce gialla emessa dal sodio è il risultato delle transizioni ottiche tra due livelli energetici discreti (dal livello eccitato 3p a quello fondamentale 3s). L’interazione spin-orbita (interazione tra il dipolo magnetico associato allo spin dell’elettrone e il campo magnetico interno all’atomo, legato al momento angolare orbitale dell’elettrone) separa il livello 3p in due sottolivelli, corrispondenti a due differenti valori del numero quantico j (associato al momento angolare totale J). Nello spettro di emissione si osservano due righe molto vicine tra loro: il doppietto giallo del sodio.

Tre semplici esempi dimostrano la grandezza della fisica quantistica e la sua importanza nella vita dell’uomo. Nel prossimo articolo cercherò di approfondire i temi e proverò a collocarli in un contesto filosofico-sociologico, nel quale l’uomo risulta essere al centro di un mondo indeterminato.
Da un punto di vista storico, invece, la fisica dei quanti nasce nel dicembre del 1900, quando Max Planck presenta la sua famosa formula per la radiazione del corpo nero, introducendo il termine “quantum”. L’idea che l’energia di un sistema non possa assumere un qualsiasi valore come una variabile continua, ma debba piuttosto essere pari solo a valori discreti (i livelli energetici), avrà conseguenze inimmaginabili, fino a diventare uno spartiacque tra quella che chiamiamo fisica classica e la moderna fisica quantistica. A partire da quella data, si assiste a una progressiva rottura degli schemi ben consolidati con conseguente radicale cambiamento della descrizione della realtà: si ha una vera e propria rivoluzione scientifica, che verrà formalizzata nei trenta anni successivi. Così come è successo con Copernico, nel 900 si assiste ad un totale sovvertimento delle convinzioni e convenzioni, portando a una nuova visione del mondo.
Volendo segnalare le tappe principali (si potrebbe evidentemente scrivere molto di più e spiegare molto meglio), è interessante sapere che nel 1905 Albert Einstein spiega l’effetto fotoelettrico – vincendo il premio Nobel – grazie a una teoria che prevede la natura corpuscolare della luce, studiata fino a quel momento come sola onda elettromagnetica. Nel 1913, invece, Niels Bohr presenta un nuovo modello atomico, caratterizzato da precise regole di quantizzazione, andando così a spiegare lo spettro dell’idrogeno. Nel 1921 Stern e Gerlach verificano sperimentalmente la quantizzazione del momento angolare, aprendo la strada allo spin, caratteristica puramente quantistica e intrinseca delle particelle subatomiche. Nel 1924 De Broglie avanza la straordinaria tesi del dualismo onda-particella. Nel 1926 Shrödinger presenta la sua celebre equazione e nel 1927 Heisenberg scrive il famoso principio d’indeterminazione.
Questa seconda rivoluzione scientifica non vale soltanto per gli addetti ai lavori – fisici e scienziati – ma si riflette su tutte le attività umane, modificando a fondo concetti basilari del pensare filosofico e incidendo profondamente sulla vita di tutti i giorni. Il dibattito è davvero vivissimo e sulle nuove frontiere della fisica si gioca anche il concetto stesso di ontologia, descritta sempre di più come “ontologia fisica”, inclusa in tutte le elucubrazioni di fisici che si occupano di filosofia e di filosofi che scrivono di fisica.
Come visto, gli argomenti sono davvero ostici e di difficile comprensione: la storia si scrive ancora e l’uomo deve stare al passo, almeno per cercare di avere una qualche probabilità di sapere di che cosa si sta parlando. Ma, ancora una volta, si parla di sola probabilità.

Continua…

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