Filosofia

Tutto a posto e niente in ordine

Schiarirmi le idee, mettere ordine nella mia mente: questo è l’obiettivo che mi sono prefissata in questi ultimi mesi. Un obiettivo arduo, audace, ai limiti dell’utopia. Pensieri che si sovrappongono, domande senza alcuna risposta. Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha deciso che fosse giunto il momento di prendere una pausa: un periodo di riflessione per ragionare, comprendere, scoprire se stessi, gli altri, il mondo che lo ospita. Un modo per ristabilire un ordine “quo ante" nella propria mente. Perché l’uomo ha sempre cercato di dominare tutto ciò che è caotico, imprevedibile, addentrandosi in un percorso ciclico senza alcuno sbocco risolutivo. Ha sempre cercato risposte in tutto quel complesso di leggi che regolano gli avvenimenti naturali, nell’insieme dei mezzi che il Cosmo usa per manifestare la propria potenza, senza giungere a delle risposte che potessero completamente soddisfarlo.

È in questo contesto che l’uomo si sente piccolo, limitato, o come direbbe Pascal “L’uomo non è che una canna, la più fragile di tutto l’Universo.[...]”; pertanto le sue poche certezze crollano, e, consapevolmente, soccombe di fronte a questa Forza Creatrice.

Questo Chaos esiodeo mi ha totalmente pervasa durante questi mesi, portandomi alla riflessione di due concetti messi da sempre in contrapposizione. Sono due tematiche ricorrenti nel pensiero, nelle opere di autori latini e greci, di filosofi e autori contemporanei: il caos e l’ordine.

Carl Gustav Jung sostiene che

“In ogni caos c’è un Cosmo, in ogni disordine un ordine segreto.”

Che si tratti di mitologia greca, di filosofia, di arte o di scienza, caos e ordine si accompagnano da sempre come una indisgiungibile coppia dialettica. Come se il Cosmos, ovvero l'ordine, la razionalità, tragga le proprie radici da uno sfondo caotico.

«Nell’antichità, quando non esistevano né il Cielo né la Terra, non esistevano forme concrete, il cosmo era solo una massa di vapore primordiale oscuro, immenso, caotico; non si potevano distinguere i suoi confini. In mezzo al caos il Dao cominciò a formarsi. Solo quando ci fu il Dao l’universo poté nascere: sorsero gli spiriti dello Yin e dello Yang che intrapresero l’opera di creazione del mondo; il tempo non ha fine, lo spazio non ha confini. Finalmente divisero il vapore primordiale nei due vapori dello Yin e dello Yang, ed entrambi divisero tutto l’universo; lo Yang era la forza e lo Yin la dolcezza, entrambi si completavano; fu solo con questo che vennero create le miriadi di cose. Il vapore torbido formò tutte le cose e le specie animali, mentre il vapore luminoso creò l’uomo»
(dal “Libro del Principe Huai Nan”)

Tuttavia, il caos, nel momento in cui ha origine il cosmos, non cessa. Anzi esso continua a esistere come una colonna portante su cui regge l’intera costruzione di questo spazio ordinato. Pensate alla coppia Nietzschiana apollinea/dionisiaca: il caos non è mai completamente superato, va tenuto a freno di giorno in giorno attraverso un duro lavoro ed un dispendio di energie.

Ma possono queste concezioni cosmologiche avere un peso ed un influenza sulle arti figurative?

“Non ha l’ottimo artista alcun concetto

Ch’un marmo solo in sé non circoscriva

Col suo soverchio, e solo a quello arriva

La man che ubbidisce all’intelletto"

È cosi che Michelangelo espone la propria visione di caos e ordine, connessa alla tecnica scultorea del “Non finito”. Nei suoi famosi incompiuti traspare un’unica sensazione: una forma, una bellezza, un’anima perfetta ed ordinata che vuole faticosamente liberarsi della materia marmorea (“soverchio”) in cui è ingabbiata, senza mai riuscirci compiutamente.

Caos e ordine, così opposti ma così affini, si ritrovano a coesistere soprattutto nella pittura novecentesca, caratterizzata da movimenti artistici di cui i più importanti risultano essere l’impressionismo, l’espressionismo e il surrealismo: da un caos di fondo, da una nube vaporosa, fatta spesso di pennellate vigorose, istintive e volutamente casuali, ecco emergere e venire in primo piano un accenno di forma.

Claude Monet “Impression, soleil levant”

Vasilij Kandinskij “Composizione VIII” 

Una forma per nulla paragonabile all’immensità che la circonda, che la sovrasta: la Natura. Quest’ultima, percepita già nel Romanticismo come forza dinamica, “matrigna”, si fonde con l’Arte diventando Forza Creatrice, trasformandosi nello strumento attraverso cui l’uomo può accedere alla verità di ogni cosa, ad una realtà superiore, al suo ordine “quo ante”.

Come la concezione caos-ordine ha influenzato la scienza nel corso della storia?

Penso, ripenso. Ipotizzo, ma nulla di certo, nessuna soluzione esatta. Ordine e Caos, dicevamo. Diversi ma uguali, distanti ma inseparabili. Purtroppo per poter affrontare adeguatamente questo tema non basterebbe un numero infinito di articoli, perché questa semplice polarità, come ho già accennato, rimanda a tantissimi ambiti: dai miti greci antichi fino alla loro rielaborazione in Parmenide; dalla scienza fisica alle filosofie orientali, dalle antinomie kantiane alle contrapposizioni analitiche e continentali, dall’antropologia al pensiero politico contemporaneo... fino alla musica. Tuttavia, per quanto mi è concesso, mi addentrerò nel tema: il mio scopo è suscitare in voi una riflessione, un senso di appagamento conoscitivo o, chi lo sa, sensazioni completamente opposte.

Ripartiamo da qui:

“Ante mare et terras et quod tegit omnia caelum unus erat toto naturae vultus in orbe, quem dixere chaos”
Ovidio 3/ 8 d.c.

L’uomo, da che mondo è mondo, ha sempre cercato un ordine, una spiegazione, un ragionamento logico, organico, che potesse in qualche modo soddisfare la sua brama di conoscenza. Una soluzione che potesse non solo descrivere i comportamenti della Natura, ma che al contempo potesse renderlo padrone di essa stessa.

“La vita è un flusso continuo che noi cerchiamo d'arrestare, di fissare in forme stabili e determinate”

affermerebbe Pirandello; ma si sa, per quanto si possa tendere al determinismo, alla conoscenza esatta, all’ “ordine quo ante”, l’essere umano si ritroverà sempre di fronte a nuove incognite, nuove incertezze, ad una nuova barriera insormontabile: l’imprevedibilità della Natura.

E sì, questo la scienza lo sa perfettamente.Se nella cosmologia greca il caos rappresentava l’insieme disordinato e indeterminato degli elementi materiali che preesisteva al cosmos, oggi, almeno per i matematici e i fisici, la parola caos ha un significato decisamente meno generale. È proprio in questo contesto che si sente spesso parlare della cosiddetta Teoria del Caos (leggi Giocati dal caso).

Ma procediamo con ordine (per fortuna, almeno in questo, un po’ di organizzazione ci è concessa).

Il caos deterministico, come un inatteso e violento tsunami, pervade la storia scientifica e culturale di tutta la seconda parte del XX° secolo: un nuovo scandalo, una nuova incertezza sta segnando profondamente le già instabili ideologie umane.

«Può il battito delle ali di una farfalla in Brasile scatenare un tornado in Texas?»

Edward Lorenz, 1916, uno fra i padri fondatori della scienza del caos: basta modificare leggermente le condizioni iniziali di un sistema perchè la sua evoluzione diverga, dunque l'evoluzione di gran parte dei sistemi che operano nel mondo macroscopico è imprevedibile. Ed eccolo, ecco come l’effetto farfalla segna una delle più grandi, se non la più grande frattura epistemologica nella fisica di questo secolo. Ecco una prima rottura del determinismo e della metodologia rigorosa dettata dalla meccanica classica. La teoria del caos si fa strada quando la scienza classica non ha più mezzi per spiegare gli aspetti irregolari, incostanti della natura; una nuova teoria scientifica nata da sperimentazioni fisiche, biologiche, matematiche, socio-economiche. Il caos non viene visto più come casualità e totale mancanza d’ordine, bensì come un ordine così complesso da sfuggire alla percezione e alla comprensione umana. Nel caos c’è ordine e, alla luce di questo, la natura si presenta sempre più come una realtà difficilmente definibile e determinabile.

«Se il naso di Cleopatra fosse stato diverso, a cambiare sarebbe stata l'intera faccia del mondo»

D’altra parte, già da tempo, studiosi, filosofi, intellettuali avevano rilevato l'estrema instabilità di alcuni dei sistemi naturali, ivi inclusi i sistemi creati dall'uomo. Blaise Pascal, con questo aforisma, dimostra gli fosse già nota la percezione di come, a volte, basti un dettaglio piccolo e insignificante per modificare la storia di un intero popolo.

Ebbene si, paradossalmente, l’esistenza dei sistemi instabili era ben conosciuta anche ai padri della meccanica classica, e la fisica newtoniana nasce con questa stessa consapevolezza.

“Non credo che l’Universo si possa spiegare solo con cause naturali e sono costretto ad imputarlo alla saggezza e all’ingegnosità di un essere intelligente.”

Isaac Newton sapeva che le sue equazioni gli consentivano di calcolare con grande precisione l'orbita di ogni singolo pianeta intorno al Sole. Egli, però, sapeva anche che nel sistema solare non operano solo le interazioni gravitazionali tra il Sole e i singoli pianeti. Esistono interazioni molto più piccole delle precedenti, apparentemente insignificanti. Sufficienti, tuttavia, a compromettere non solo la predicibilità della dinamica planetaria, ma persino la stessa stabilità del sistema solare. Tant'è che “un essere intelligente”, conclude Newton, deve personalmente intervenire, di tanto in tanto, per ripristinare l'ordine cosmico minato da queste piccole perturbazioni gravitazionali (leggi Il peso delle onde gravitazionali).

E, quindi, cosciente dell’estrema sensibilità del sistema alle condizioni iniziali, per superare questo ostacolo della fisica matematizzata, si rivolge al potere divino.

“Un'intelligenza che, per un istante dato, potesse conoscere tutte le forze da cui la natura è animata[...] abbraccerebbe nella stessa formula i movimenti dei più grandi corpi dell'universo e quelli dell'atomo più leggero: nulla le risulterebbe incerto, l'avvenire come il passato sarebbe presente ai suoi occhi.[...] La semplicità della legge che regola il moto dei corpi celesti e le relazioni tra le loro masse e distanze ci consentono di seguire i loro moti con l'analisi fino a un certo punto;[...] Ma l'ignoranza delle diverse cause che concorrono alla formazione degli eventi, insieme con l'imperfezione dell'analisi, ci impediscono di conseguire la stessa certezza rispetto alla grande maggioranza dei fenomeni.”

Lo stesso “Manifesto del determinismo scientifico” contiene il riconoscimento dell'impossibilità dell'uomo di prevedere e spiegare completamente tutti gli eventi futuri: sia a causa della loro intrinseca complessità, che dell'imperfezione degli strumenti analitici. E Laplace, alla fine del ‘700, è tra i primi a invitare la debole mente umana ad usare una razionalità probabilistica, piuttosto che una deterministica, per cercare di spiegare i fenomeni complessi, o semplicemente gli eventi più caotici della vita quotidiana.

Quasi un secolo dopo un altro matematico francese, Henri Poincarè, non solo dimostra l'impossibilità di ottenere una soluzione generale esatta del cosiddetto «problema a tre corpi», ma scopre che, anche in presenza di leggi naturali perfettamente note, vi sono sistemi la cui evoluzione è imprevedibile, perchè piccoli errori nella conoscenza delle loro condizioni iniziali producono grandi errori nella conoscenza delle loro condizioni finali.
Le teorie del caos hanno indubbiamente molti meriti. Tra questi meriti, sembra ci sia quello di aver fornito un contributo rilevante all'evoluzione del dibattito sui fondamenti della fisica: soprattutto, la (ri)scoperta del caos sembra rappresentare un'evoluzione al problema noto come determinismo.

E questo determinismo scientifico è stato più volte messo in discussione: già nel 1806 Siméon Denis Poisson si imbatte in soluzioni di equazioni differenziali utilizzate anche in meccanica classica, ed egli comprende che minano la base matematica della concezione deterministica della meccanica. La fisica resta deterministica, sostiene Poisson, sebbene la matematica offra soluzioni non deterministiche. L’evoluzione della ricerca, al livello delle scienze matematiche, delle scienze umane e della fisica, ebbe dunque un esito comune: quello di rovesciare il modello ottocentesco della razionalità scientifica. Ad esso si è sostituito un nuovo modello, totalmente diverso, che ha rimesso in discussione la concezione stessa della materia, che ha sostituito il determinismo con il probabilismo, che ha accettato la pluralità delle diverse scienze, la provvisorietà non solo delle teorie scientifiche, ma più in generale il carattere problematico e limitato della conoscenza umana. È in questo clima destabilizzante, pervaso da incertezze e confusione, che si fa strada agli inizi del 900 il crollo della fisica classica, un crollo tanto emotivo quanto intellettuale, che ha ufficialmente inizio nel 1873 con l’elaborazione della teoria elettromagnetica di James Clerk Maxwell: le sue equazioni, infatti, risultavano in netto contrasto con il principio classico della relatività galileiana, che fino ad allora aveva rappresentato la colonna portante di tutto mondo scientifico.

Queste anomalie vengono inizialmente risolte da Hendrik Lorentz, ma si arrivò presto al tanto atteso 1905, “l’Annus mirabilis", anno che vede uscire allo scoperto uno dei personaggi più importanti della storia della fisica, Albert Einstein. Ed ecco come questa mente geniale ribalta ogni scoperta, ogni rigoroso concetto, dapprima con la Relatività ristretta e poi con la Relatività Generale. Ma Einstein lo sa bene, qualcosa di più grande sta per evadere, qualcosa di potente, indomabile, qualcosa di destabilizzante sta per allontanare l’uomo dal suo ordine mentale, dalla sua tranquillità ideologica: lei, la fisica quantistica.

La fisica dei quanti si presenta come una sconvolgente teoria scientifica, una continua tensione verso un qualcosa di irraggiungibile che alimenta l’uomo, dandogli un atroce senso di incompiutezza.

“Dio non giochi a dadi con il mondo”.

Ha affermato prontamente Einstein di fronte questa nuova scienza, ma si dovette ben presto ricredere: siamo in un mondo imprevedibile e indeterminabile. La fisica quantistica, dopo circa tre secoli, getta nel dubbio l’uomo, colpendolo nei più importanti ambiti del sapere.

Caos e Ordine, l’uno influenza l’altro: cosi come il bianco per il nero, il cielo per la terraferma, il suono per il silenzio. Opposti ma simili, indispensabili. Teorie scientifiche, sculture, opere musicali, dipinti e molto altro ancora pervaso da Caos, ma anche da Ordine.

Potrà mai l’uno sopraffare sull’altro? Potranno mai essere tra loro indipendenti? A voi la risposta.

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